0.1 C
Rome
spot_img

Il teatro infinito di Andrea Camilleri

Data:

Condividi sui social:

Il teatro infinito di Andrea Camilleri è il tema di una mostra, allestita a Palazzo Firenze nella sede della Società Dante Alighieri, che ha due protagonisti: lo scrittore e il suo archivio. La caratteristica dell’archivio Camilleri è la sua lenta e consapevole formazione, coltivata dalla naturale vocazione dello scrittore a conservare e archiviare i suoi scritti e tutto ciò che lo riguardava. Andrea Camilleri ha scritto e custodito, manifestando sin dagli inizi della sua produzione letteraria, una attenzione particolare a selezionare ciò che era destinato a restare. “Gli archivi non sono morti, sono eternamente vivi perché rappresentano la memoria del nostro passato, una memoria palpabile che tutti possono verificare e controllare”.

Il suo archivio, oggi custodito e preservato dal Fondo Andrea Camilleri, dichiarato di particolare interesse storico dalla Soprintendenza archivistica del Lazio, riflette l’impostazione dello scrittore. Andrea Camilleri è stato il primo archivista della sua documentazione. Prima dello spazio pieno di atmosfera che oggi il Fondo occupa in via dei Corridoni nel quartiere Prati, i fascicoli archiviati erano conservati in grandi valigie nel garage di casa Camilleri. Dal suo archivio, sono stati selezionati documenti e oggetti personali per una mostra che analizza l’importanza del teatro nella vicenda umana e artistica di Andrea Camilleri. Quaderni di poesie, agendine, lettere, fotografie, copioni, locandine e oggetti personali, escono dall’Archivio con tutta la loro vivezza e capacità di racconto continuo.

Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Patrizia Severi, responsabile dell’Archivio Andrea Camilleri, Andreina Camilleri e Giulio Ferroni, curatore del progetto espositivo.   

Patrizia Severi

Cosa racconta la consapevolezza conservativa che Andrea Camilleri aveva fin da giovane?

Abbiamo trovato sulle carte l’attenzione di Andrea Camilleri alla conservazione fisica del materiale. In mostra è esposto un piccolo quaderno rilegato, ci sono appunti frutto di un lavoro che parte quando è giovane e prosegue nel tempo.

Questa continuità cosa dimostra?

Una consapevolezza conservativa, non soltanto come funzione pratica e organizzativa del materiale ma proprio come coscienza di sé. È la coscienza della propria volontà originaria di dedicarsi alla scrittura, alla lettura e alla letteratura. L’ archivio Camilleri racconta una conservazione che non è solo materiale ma è coscienza della propria memoria.

E anche del proprio futuro?

Coscienza di quello che Andrea Camilleri voleva perseguire come obiettivo e ha perseguito fino alla fine.

Il successo per Camilleri è arrivato tardi…

Un successo arrivato molto tardi, come il frutto di un percorso di costanza che è sempre stato accompagnato da questa testimonianza continua del proprio lavoro.

Una testimonianza continua, preziosa e poderosa che aveva riempito il suo garage di casa…

Siamo partiti proprio da lì. La prima visita che ho fatto all’archivio era proprio nel suo garage, dove c’era materiale già in parte organizzato da lui. Andrea Camilleri aveva una concezione dell’archivio come strumento utile. Era solito dire che l’archivio non era un buco nero dove lasciare le cose. E al suo archivio aveva lavorato, lo aveva costruito e quindi in parte già perfettamente organizzato.

Il suo primo approccio da archivista qual è stato?

Sono entrata nel garage e ho cominciato ad aprire le scatole. Mi aspettavo di trovare le bozze dei romanzi, le minute, gli appunti di lavoro, invece ho cominciato a tirar fuori documenti degli Anni Quaranta e Cinquanta.

Il documento più sorprendente?

La famosa Concessione del Telefono, che è il vero Decreto di Concessione di linea telefonica del 1896 che possedeva la famiglia perché avevano chiesto una linea telefonica. Da questo documento partirà poi l’invenzione del romanzo della Concessione del telefono. Anche della Bolla di componenda si parla di un documento conservato a casa,  l’iscrizione della mamma a una confraternita che Camilleri trova quando la mamma viene a mancare. È un documento che trova per caso e lo collega al lavoro di scrittura che in quel momento stava facendo su questo documento in trovabile della componenda. 

Nei faldoni cos’altro ha trovato che l’ha stupita?

Le poesie dagli Anni Quaranta agli Anni Sessanta, i fascicoli delle regie teatrali e di ogni regia teatrale il fascicolo contenente il copione con le note autografe, i fogli di sala esposti in mostra, le locandine e le foto di scena. Siamo partiti da un garage ma in quel garage i faldoni erano organizzati con una mappa dell’archivio che è un po’ la mappa della vita di Andrea Camilleri. Regia, sceneggiatura, scrittura.

Andrea Camilleri letterato e archivista?

Esattamente. Camilleri ha lasciato un patrimonio che ci consente di ricostruire e scoprire alcuni aspetti poco noti.

Ci sono scritti inediti?

Ci sono alcuni scritti inediti sia dell’età giovanile che dell’età intermedia, oggetto di studio da parte di accademici e studiosi. Rivelano particolari inediti, ricollegabili alla grande scrittura che noi conosciamo.

È un archivio che continua a raccontare?

Camilleri ha lasciato un archivio che consente di scoprire anche un percorso profondo, intellettuale e meno conosciuto dello scrittore, sia da giovane che nella maturità.

Cosa è oggi l’Archivio Camilleri e cosa è destinato a diventare nelle vostre intenzioni?

L’Archivio è uno spazio culturale aperto al pubblico e consultabile dagli studiosi. È nel quartiere Prati, tra Piazza Mazzini e via Asiago, vicino alla sua casa e alla Rai dove lavorava. Sono questi i suoi luoghi romani. La finalità non è quella di celebrare, ma di mettere a disposizione la sua testimonianza. Andrea Camilleri ha voluto che fosse così, perché lui era molto aperto.

La mostra riflette questa apertura e anche una certa generosità nello svelarsi…

La mostra dimostra proprio questo perché esporre documenti autografi e personali è una disponibilità alla  condivisione. Ci sono anche oggetti personali in mostra, è esposta la sua Olivetti 45, la macchina da scrivere, una delle sue coppole, il posacenere e le sigarette inglesi che fumava nell’immediato dopoguerra, recuperate da una libreria antiquaria di Milano.

Andreina Camilleri

Quanto Andrea Camilleri c’è in questa mostra?

C’è tantissimo Camilleri. E’ una mostra che abbraccia tutto l’arco della sua vita. Si parte dall’infanzia, passando per il primo interesse per la scrittura che è stata la poesia, al teatro che è stato il centro della sua vita, fino ai romanzi che hanno dentro tanto teatro. E poi c’è la conclusione con Tiresia.

È molto suggestivo l’angolo studio rappresentato in mostra…

È molto bello l’angolo dedicato a lui, c’è la macchina Olivetti con la quale ha scritto tanti dattiloscritti mentre era nella sua casa di montagna a Bagnolo di Santa Fiora, sul Monte Amiata in Toscana.  C’è anche la coppola, una di quelle che ha tanto indossato e le sigarette che fumava durante la guerra.

E c’è il pupo siciliano Andrea Camilleri, realizzato da Salvo Bumbello

C’è il pupo che lo faceva tanto divertire. Era stato donato a lui da Antonio Sellerio.

La mostra sul teatro può essere considerata un primo capitolo della narrazione su Camilleri?

Si, anche se quando è stato inaugurato il Fondo Andrea Camilleri, noi abbiamo organizzato una esposizione con i documenti dell’Archivio. Con questa iniziativa, abbiamo cominciato a far conoscere Andrea Camilleri sconosciuto, perché il suo archivio arriva fino all’avvento della notorietà.

Giulio Ferroni

Il teatro infinito di Andrea Camilleri, un uomo che vive la vita come il teatro. Per comprendere Camilleri bisogna partire da qui?

Uno che come Camilleri è nato a Porto Empedocle, ha avuto tangenze famigliari perfino con Pirandello, non poteva non disporsi allo stesso modo. Pirandello è stato per lui un punto di riferimento fondamentale, lo ha detto lui stesso, anche se Camilleri ha concepito la vita in un modo diverso.

In che modo?

In un modo in cui è trionfato il senso della relazione, dell’insieme sociale, della conversazione continua. E’ quello che Camilleri faceva con i suoi allievi dell’Accademia d’Arte Drammatica.

Come erano le sue lezioni?

Faceva delle lezioni raccontando, con la volontà di far vivere in evidenza l’esperienza, senza quella negatività tipica di Pirandello. Era un intellettuale, un uomo di cultura ma soprattutto un uomo di relazione che vive la vita come un teatro.

LEGGI ANCHE –> Cento anni di Camilleri

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

━ Articoli suggeriti

Bruno Prosdocimi artista spericolato

Cosa lascia Bruno Prosdocimi oltre alla rilevanza che ha avuto nel fumettismo e nell’arte illustrata italiana? Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero ha...

La lirica tra caricature e ritratti in mostra a Palazzo Montecitorio

Il Corridoio dei Busti di Palazzo Montecitorio ospita, in esposizione temporanea, trenta opere sulla lirica realizzate da Bruno Prosdocimi. Un viaggio artistico tra palcoscenico...

Una mostra a Castel Sant’Angelo racconta i primi sessant’anni di cinema italiano

Roma ha sempre avuto una relazione speciale con il cinema ed è stata spesso definita un set naturale a cielo aperto. La sua bellezza travolgente...

Infrastrutture in mostra all’Ara Pacis. Come è cambiata l’Italia in un secolo

Il XX secolo in Italia è stato tracciato da grandi trasformazioni sociali, culturali ed economiche. Nel 1901 l’Italia aveva una popolazione di circa 33milioni...

Un francobollo celebra 100 anni di Corriere dello Sport

Un francobollo celebra il centenario della fondazione del Corriere dello Sport, il quotidiano sportivo di tutti gli sport. Il francobollo, presentato al Ministero delle...

━ Seguici sui social

Iscriviti alla nostra newsletter!

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here