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Brindiamo! Una bella storia italiana a New York

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Raccontare il 2024 come l’anno che celebra le radici italiane nel mondo è l’opportunità per conoscere storie e persone che condividono la propria italianità a ogni latitudine e costruiscono una nuova narrazione degli Italiani all’estero. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Ornella Fado, calabrese di nascita, romana di adozione, newyorkese di approdo, per raccontare la storia interessante e paradigmatica di una giovane donna, appassionata e preparata, che negli anni Novanta mette in valigia danza, teatro, televisione, si trasferisce a New York e comincia a scrivere la sua storia italiana in America.

Cosenza, Roma, New York, teatro, opera, televisione. È così che comincia la storia?

Esattamente. Sono nata a Napoli, a sei anni la mia famiglia si è trasferita a Paola, paese di origine di mia madre, ma la mia storia artistica comincia a Cosenza, dove andavo ogni giorno da pendolare per assecondare il desiderio di dedicarmi alla musica e alla danza. Studiavo pianoforte al Conservatorio Stanislao Giacomantonio, contemporaneamente seguivo corsi di danza al CID di Isabella Sisca ed è proprio tra gli studenti di quella scuola che il Teatro Rendano di Cosenza sceglieva il corpo di ballo per le stagioni teatrali di Opera lirica. Sono stata scelta per esibirmi con artisti internazionali, in opere importanti come La Traviata, la Boheme, l’Aida e mentre frequentavo master di danza internazionali con grandi maestri da Luigi a Matt Mattox, a diciassette anni sono stata selezionata da Diana Ferrara, etoile del Teatro dell’Opera di Roma, per un tour nazionale con la sua compagnia di danza. Successivamente ho ottenuto una borsa di studio full time con il coreografo internazionale Renato Greco, con il quale ho trascorso un periodo molto formativo per la mia preparazione di performer.

Quando arriva la RAI, il varietà e Fantastico, comincia un’altra pagina?

Si, l’incontro con Franco Miseria nel Fantastico 6 presentato da Pippo Baudo che ha lanciato Lorella Cuccarini, mi allontana dalla danza classica e mi proietta nel varietà e nella danza moderna, in un corpo di ballo composto da dieci ballerine, cinque italiane e cinque americane, che accompagnava una sigla, Sugar Sugar, diventata iconica.

L’incontro con Antonello Falqui che ruolo ha avuto nel rapporto con la televisione, destinata a diventare la sua scelta di vita anche all’estero?

Antonello Falqui, con cui ho lavorato nei suoi ultimi due spettacoli televisivi, Un altro Varietà e Cinema che follia, è stato fondamentale. Un esempio inarrivabile di regista e di grande protagonista del varietà televisivo.

E quando arriva il Sistina, il tempio italiano del musical?

Ho fatto audizioni al Teatro Sistina con Pietro Garinei, Franco Miseria e Gino Landi, sono stata prima ballerina in Rinaldo in campo con Massimo Ranieri ma il mio sogno era interpretare Angelica e ci sono riuscita debuttando al Teatro Petruzzelli di Bari. Ho partecipato ad Aggiungi un posto a tavola con Jonny Dorelli e Alida Chelli, realizzando un altro sogno nel mondo del musical italiano.

E intanto…

Mi sono divertita a esplorare tante altre cose, dalla pubblicità per Galbusera e Perugina, ai ruoli nel cinema come ballerina nell’Otello di Zeffirelli e nell’Intervista di Federico Fellini, alle audizioni per diventare conduttrice televisiva. Sono stata scelta da GBR, anzi sono stata il volto di questa prima televisione privata del Lazio e ho cominciato a presentare, condurre e fare interviste, esplorando il mondo della tv a 360°

Come si arriva da GBR a New York?

Ci si arriva attraverso un musical, Chorus Line e un amore, per l’uomo che sarebbe diventato mio marito e il padre di mia figlia Carolina. Superata l’audizione e alla fine delle prove, mi sono innamorata del music director americano di quella straordinaria compagnia dove io ero una delle protagoniste del musical. Per amore ho deciso di seguirlo, prima in Giappone e poi a New York.

E una volta arrivata a New York, come si costruisce il ruolo di ambasciatrice culturale, promuovendo la lingua e la cultura italiana?

Attraverso un programma di danza e musica la cui finalità era insegnare l’italiano ai bambini attraverso la danza. Avvertivo la necessità che la mia bambina crescesse imparando l’italiano, oltre all’americano, insieme ad altri bambini. Attraverso le canzoncine per bambini e le canzoni italiane più note e orecchiabili come Volare, ho cominciato a dare il mio contributo alla comunità italiana insegnando la lingua italiana ai bambini. Sono poi arrivati altri progetti come Kids on Brodway, un programma concepito per insegnare canto, tip tap, balletto e hip hop, a bambini piccoli professionisti in quanto già coinvolti nello spettacolo di Broadway, New York City Ballet ecc.

Come nasce l’idea di produrre un programma televisivo per gli Italiani all’estero?

L’idea nasce dall’esigenza di costruire una narrazione autentica dell’Italia contemporanea, senza clichè o stereotipi. La RAI non adeguava il racconto con nuovi programmi e al contrario delle altre comunità etniche che si erano già organizzate ed erano ben raccontate, noi italiani non lo eravamo ancora. Ho capito che mancava qualcosa e ho cercato di colmare la lacuna raccontando qualcosa che immaginavo fosse di grande interesse per gli italiani.

Perché il programma comincia a raccontare i ristoranti italiani?

Ho avuto un’intuizione originale per i tempi, perchè ho cominciato a raccontare i ristoranti italiani autentici, non quelli che spacciavano per italiana una cucina che in realtà non lo era affatto. Quando ero sposata con il music director americano, gli amici di mio marito mi portavano a cena in ristoranti dal nome italiano, convinti che offrissero cucina italiana. Ma di ristoranti autentici ne ho trovati pochi e proprio per questo, avendo già deciso di realizzare un programma televisivo per noi italiani all’estero, ho cominciato a raccontare la storia della ristorazione italiana, per far scoprire la storia dell’autentica cucina italiana. È stata una svolta perché allora l’unica guida era la Zagat, ma parlava dei ristoranti in generale, indicava l’indirizzo, il menù e il costo. Era una guida che dava informazioni senza emozioni.

Ed è per questo che nasce BRINDIAMO!

Nel 2004 iniziano le produzioni e nel 2005 il programma debutta su NYC LIFE. Brindiamo! Entra per la prima volta nelle cucine dei ristoranti italiani e comincia a raccontare un mondo non ancora conosciuto. Le cucine non erano le cucine di oggi, gli chef non erano gli chef di oggi.

In cosa erano diversi?

 Le cucine erano molto piccole, si faceva fatica perfino a far entrare le telecamere. Gli chef non erano abituati a ribalte di nessun genere, né televisive, perché fino ad allora nessuno li aveva mai intervistati, né social perché non esistevano.

Ha cominciato a parlare di cucina quando ancora nessuno se ne occupava?

Io volevo raccontare le storie degli italiani, cominciando dai ristoratori italiani ma per trasmettere autenticità, dovevo vivere quel mondo, non potevo costruire un programma in uno studio televisivo. Entrare nelle cucine significava anche raccontare la storia, il carattere, la personalità del ristoratore protagonista che era ogni giorno diverso e quindi era espressione anche di una regione e di una tradizione diversa.

Brindiamo! È un programma pionieristico che racconta storia e storie, la storia del Made in Italy e le storie di chi ne è ambasciatore all’estero?

Proprio così, è una narrazione densa di emozione che incrocia storie grandi e piccole, come quella di tre amici di Genova che hanno aperto un ristorante, lo hanno chiamato I Tre Merli e oggi sono a Soho, un quartiere molto trendy dove i ristoranti italiani non erano mai stati. Le storie italiane di successo da raccontare sono innumerevoli.

Brindiamo! è programma che va in onda da 18 anni sulla tv pubblica americana, ormai è diventato un cult?

Si, è su NYC Media da 18 anni ma il primo programma Alla scoperta dei ristoranti italiani risale a venti anni fa e fu trasmesso dal ristorante Marco Polo in Brooklyn, con protagonista Giuseppe Chirico, uno dei ristoratori più longevi della ristorazione italiana a New York e il figlio, un giovane chef, Marco Chirico che aveva 16 anni e che oggi ha fatto una carriera meravigliosa ed è proprietario di un suo ristorante. E pensare che la prima realizzazione è nata come collana di Dvd per i ristoranti! Ma io ero ipnotizzata dal Canale 25, il canale storico della televisione pubblica, trendy, moderno e multietnico. Ho proposto il programma e dopo quasi 19 anni, continuiamo a collaborare e raccontare.

Producer, conduttrice, testimonial di cultura italiana, imprenditrice impegnata anche nella distribuzione del programma. Una bella storia italiana a New York…

Curo non solo la produzione del programma ma anche la sua distribuzione in streaming e VOD su Amazon Prime, su Tubi Tv, Xumo TvFood Tv, importanti streaming channel in America e Canada e anche su altri canali.

Brindiamo! È distribuito anche in Italia?

Si, nel 2020 sono stata invitata ad aprire un canale lineare tematico su Samsung Tv Plus che si chiama Brindiamo Channel. È una collezione di tutti i programmi televisivi di Brindiamo ma anche di altri indipendent producers, come i programmi di danza curate dal M° Antonio Fini e le interviste di Piero Muscari, Eccellenze italiane. Ho voluto offrire la possibilità a produttori italiani indipendenti di fare streaming dei programmi prodotti e curati da loro. Il canale che trasmette la serie di documentari My talented Friends e Sparta Yoga, presentato da una italiana che vive in California, aspira a essere il canale degli italiani nel mondo. Sono molto orgogliosa che su circa 131 canali televisivi disponibili su Samsung Plus, sono l’unica donna proprietaria di un canale lineare.

Parliamo degli ospiti italiani che si lasciano intervistare a New York?

Sono tanti e di grande prestigio, li accolgo sempre con piacere, Tony Renis, Carlo Verdone, Massimo Ranieri, Ron, Edoardo Bennato, Giovanni Allevi, Sergio Castellitto, Vittorio Storaro…

Genial Italy Association e Genial Italy Magazine, sono nuove iniziative per continuare a costruire ponti con l’Italia?

Quelle che ha citate sono una associazione no profit e un magazine per un nuovo rinascimento dopo il Covid e sì, sono strumenti per costruire ponti con l’Italia. Il magazine ha cover man e cover girl di eccellenza e anche borghi in copertina, che vanno scoperti e valorizzati. L’idea è quella di continuare a far conoscere il genio italiano e il suo valore.

 Che esperienza racconta l’impegno sociale con i COMITES, i Comitati italiani estero?

Sono una dei dodici volontari eletti nel 2021 dagli italiani iscritti all’AIRE (ndr il registro degli italiani all’estero) per svolgere un ruolo che fa da collante tra gli italiani e la rete consolare. Come presidente del settore comunicazione ed eventi, nel 2022 ho partecipato a un bando emesso dal MAECI per la valorizzazione del ruolo storico delle comunità italiane. Con il progetto di realizzare un documentario Colori, Sapori e Memorie ho vinto il bando, ha ricevuto il più corposo finanziamento che un Comites abbia mai ottenuto e abbiamo già iniziato a lavorare sul progetto, orgogliosi che il talento italiano sia riconosciuto e valorizzato.

Ornella Fado, a chi Brindiamo?

All’Italia e agli Italiani nel mondo.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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