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Guglielmo Marconi, l’uomo che ha connesso il mondo

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150 anni fa nasceva Guglielmo Marconi, l’uomo che ha connesso il mondo. Lo scienziato, il primo a essere insignito del Premio Nobel per la Fisica, era un visionario, uno sperimentatore ma anche un coraggioso imprenditore, capace di dare concretezza alle sue invenzioni. Fondò la Marconi’s Wireless Telegraph Company per trasformare le scoperte in applicazioni che cambiarono per sempre la comunicazione planetaria. Il mondo contemporaneo, iperconnesso nelle molteplici possibilità di relazione, deve molto alle straordinarie intuizioni di Guglielmo Marconi che inventando la radio, creò le basi per la realizzazione di smartphone, navigatori satellitari, tecnologia 5 G. Tutta la tecnologia che oggi utilizziamo, nasce dalla sua telegrafia senza fili e dal primo straordinario esperimento di trasmissione oltre oceano, realizzato più di 90 anni fa. Siamo tutti figli di Guglielmo Marconi, ma in quanti lo sappiamo? Conosciamo compiutamente l’opera di questo straordinario Italiano che ha dato voce al silenzio, inventato la radio, fondato Radio Vaticana, sperimentato il primo cellulare da auto? La RAI celebra il centocinquantennale della nascita, con una  mostra  Guglielmo Marconi. Prove di trasmissione,  allestita al Palazzo della Radio in Via Asiago  e con un biopic  Marconi. L’uomo che ha connesso il mondo, in onda su Rai 1 il 20 e 21 maggio, disponibile anche su Rai Play.

Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Don Dario Viganò, Prefetto per la Congregazione della Comunicazione in Vaticano, Guglielmo Giovannelli Marconi, nipote dello scienziato, Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction e Lucio Pellegrini, regista del racconto televisivo dedicato a Marconi.

Don Dario Viganò

Cosa successe un certo giorno, su tutta la superficie della Terra?

Era il 12 febbraio 1931 e alle ore 16.47, la voce del Papa Pio XI, si diffuse il tutto il mondo. Era il momento dell’inaugurazione ufficiale e tecnologica, della stazione radio presso il neo Stato Vaticano. Nasceva Radio Vaticana, alla presenza di Marconi e Papa Pio XI. Pochi minuti dopo quello storico evento, si trasferirono tutti presso la Pontificia Accademia delle Scienze e in quella occasione, il Pontefice, in segno di gratitudine e di riconoscenza, consegnò le Insegne a Marconi quale membro della Pontificia Accademia dei Lincei.

La globalizzazione del Pontificato, conseguente alla nascita di Radio Vaticana, cosa ha significato per la Chiesa?

Il Papa, fino alla fine dell’Ottocento, era conosciuto solo attraverso le stampe e i ritratti. Nel Novecento abbiamo un primo grande processo di globalizzazione audio con l’invenzione della radio di Marconi che diffonde prima la voce di Pio XI, poi i radiomessaggi di Pio XII e in seguito il Discorso alla luna di Giovanni XXIII. Attraverso questo mezzo, il mondo riconosceva il Pontefice dalla voce e questo permise una prima grande globalizzazione del pontificato. Successivamente, nel 1944, Papa Pio XII con il film documentario Pastor Angelicus, completò questa iniziale globalizzazione, facendola diventare audiovisiva. Per la prima volta in tutto il mondo, si vedeva il Papa che interpretava se stesso, parlava, si muoveva e in quel momento si è compiutamente realizzata la piena globalizzazione del pontificato.

Scienza e Fede hanno dato voce al silenzio?

La scienza e la Fede, pensiamo alle grandi Encicliche di Benedetto XVI, sono due percorsi e prospettive in cui ciascuna, seguendo i propri metodi, capacità e profili epistemologici, cercano di servire l’uomo e l’umanità per quanto è meglio possibile. Le due strade non sono inconciliabili e neppure contrapposte, sono semplicemente differenti.

Guglielmo Giovannelli Marconi

La RAI celebra con una mostra e una miniserie tv, i 150 anni della nascita di Guglielmo Marconi, suo nonno…

Guglielmo Marconi è stato tra gli artefici della nascita della RAI, perché quando nel 1924 nacque l’URI, ebbe il supporto fondamentale della Compagnia Marconi di mio nonno che mise a disposizione le sue attrezzature. URI divenne in seguito EIAR e poi finalmente RAI. Marconi torna a casa, non ci poteva essere sede migliore, sono molto felice per la mostra, perché l’ultima dedicata a mio nonno era stata organizzata nel 1995, quasi trent’anni fa e naturalmente sono molto soddisfatto per il racconto televisivo.

Il biopic racconta lo scienziato ma anche l’uomo?

Certamente e in modo molto verosimile. La miniserie è stata prodotta, insieme alla Rai, dalla Stand By Me di Simona Ercolani che ha scelto un cast eccezionale a cominciare dagli  attori che impersonano mio nonno, Nicolas Maupas da giovane e Stefano Accorsi da adulto, Cecilia Bertozzi che interpreta mia nonna, alla bambina che impersona mia madre Elettra ed è fantastica e anche molto somigliante, quasi due gocce d’acqua. Mia madre Elettra ha già visto il prodotto realizzato, siamo molto soddisfatti anche perché l’Italia finalmente onora un suo genio, già da tanti anni onorato all’estero.

Scienziato, Premio Nobel per la Fisica, inventore, visionario ma quanto è importante continuare a far conoscere Guglielmo Marconi?

Marconi è l’origine di tutto, non solo è l’inventore della radio ma è il creatore delle radici di un albero che ha portato al cellulare, al satellite e alla parabola. Ha realizzato una serie di invenzioni che sono tutte figlie della radio. Vorrei ricordare Martin Cooper che nel 1963 creò il primo telefonino a scarpa, che in un convegno a Bologna in cui mia madre Elettra Marconi ed io eravamo presenti, disse che lui aveva solo continuato l’opera di Marconi, il quale aveva creato il primo cellularone nel 1933.

Marconi aveva concepito e anticipato la diffusione del cellulare nel suo utilizzo contemporaneo?

Assolutamente sì ed è anche in questo la sua straordinaria capacità di visione perché nel 1937, poco prima di morire, partecipando a un convegno in America, disse testualmente ci sarà un giorno in cui le persone avranno un apparecchio tascabile per comunicare con gli altri. Il cellulare, nell’accezione e nell’utilizzo contemporaneo, è la concretizzazione di quanto anticipato da Guglielmo Marconi.

Marconi creò il primo telefono da macchina per un pontefice?

Si, nel 1933 per Papa Pio XI, grande amante e sostenitore della scienza e della cultura, Marconi realizzò il primo cellularone per collegare le due vetture con cui il Papa si muoveva e attraverso questo telefono, gli autisti delle due macchine, potevano comunicare tra loro.

Marconi inventa la radio e fonda Radio Vaticana…

Nel 1931 fonda la Radio Vaticana come segno di devozione per Papa Pio XI di cui era grande amico. Per la prima volta un Papa potè dare la benedizione cristiana a tutto il mondo, urbi et orbi, facendo sentire la sua voce e globalizzando il Pontificato.

Maria Pia Ammirati

Raccontare Guglielmo Marconi, la sua complessità e unicità  a una ampia platea televisiva…

Marconi è un uomo complesso e singolare, tra i più grandi scienziati al mondo, un genio a cui dobbiamo l’invenzione del telegrafo, della radio e di conseguenza della televisione. Nella sua complessità troviamo scienza ma anche umanesimo, immaginazione, perché prima di arrivare alle grandi scoperte scientifiche e tecnologiche, è riuscito a immaginare qualcosa di superiore a cui noi non avremmo mai potuto pensare.

La miniserie come lo racconta?

Nel racconto televisivo abbiamo cercato di ricostruire una storia profonda, su un personaggio profondissimo, provando a riportare a una narrazione popolare, una narrazione da schermo, un grande personaggio italiano conosciuto in tutto il mondo.

Cosa c’è nell’invenzione di Marconi?

C’è anche la poesia che è il primo momento in cui qualcuno immagina e quindi inventa. Nell’invenzione c’è la radice inventio, c’è l’idea e Marconi, come tutti i grandi, è partito da un’idea, probabilmente un’immagine primaria, quella di poter vedere realizzata la sua invenzione più grande, l’invenzione dell’umanità senza fili, per comunicare senza distanza. Abbattere le barriere è stata probabilmente la più grande invenzione di Guglielmo Marconi e la sua più grande immagine poetica.

Lucio Pellegrini

Raccontare l’uomo e lo scienziato serve a riaccendere una  memoria consapevole su Guglielmo Marconi?

È un’occasione importante per raccontare un grande personaggio ricordato più dagli stranieri che dagli italiani. Marconi ha avuto una vita caratterizzata da vicende straordinarie, ha vissuto la prima metà del secolo scorso come una sorta di antesignano Steve Jobs italiano, grande inventore, grande imprenditore ma anche uno dei personaggi italiani più conosciuti nel mondo. La miniserie è un’occasione importante per riaccendere la memoria su Marconi  e raccontare con un linguaggio contemporaneo, un personaggio estremamente vitale.

Il racconto si articola su più registri?

Si, ha un registro umano e un registro scientifico, realizzato con uno stile di racconto eclettico per mettere insieme e in dialogo questi elementi, con una parte di spy story che restituisce la difficoltà del suo rapporto con il regime fascista, negli ultimi anni di vita.

Difficoltà dovuta a cosa?

Il regime chiedeva a Marconi di utilizzare la sua scienza per finalità belliche, lui non voleva e questo rese complessa l’ultima fase della sua vita, caratterizzata da dilemmi etici e morali.

L’Eletrra, il panfilo di Marconi, fa da scena e scenario al racconto televisivo. L’idea di ricostruire 30 metri di Elettra è stata sua?

Abbiamo ricostruito in un teatro di posa una trentina di metri del panfilo di Marconi, che si chiamava Elettra come la figlia, dove lo scienziato viveva quasi stabilmente per condurre le sue ricerche. Abbiamo lavorato molto con gli effetti speciali per rendere realistica la presenza del mare, ma la ricostruzione del panfilo che per circa due decenni solcò il Mediterraneo per realizzare esperimenti di radiotelegrafia, ha dato grande suggestione. Con la collaborazione del Museo e della Fondazione Marconi, siamo riusciti in una operazione molto interessante dal punto di vista tecnico, perché abbiamo potuto utilizzare tutti gli strumenti originali, utilizzati anche per riprodurre alcuni esperimenti pieni di verità.

L’Elettra sopravviverà alla serie?

Lo speriamo, pare ci sia un interessamento per rimontare il panfilo in qualche museo perché è stata una ricostruzione assolutamente fedele all’originale, con le vere strumentazioni e testimonianze di come era la barca negli anni Trenta.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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