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Carla Vistarini racconta Roma, città comica e generosa

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MIAC è il nome di un museo, da poco inaugurato a Roma, che impareremo ad amare. È il Museo Italiano del Cinema e dell’Audiovisivo, nato all’interno di Cinecittà, storico Centro di produzione cinematografica e televisiva, settore strategico per la vita culturale di Roma e dell’Italia di cui è importante motore pubblico. Il MIAC, visitabile dal prossimo dicembre, custodisce e tutela l’imponente patrimonio audiovisivo costituito dai materiali d’archivio dell’Istituto Luce-Cinecittà, delle Teche RAI e del Centro Sperimentale di Cinematografia. La nascita di un Museo è accolta sempre con interesse, ma per il MIAC è sublimata dalla collocazione a Cinecittà, a cui il cinema, italiano e internazionale, deve moltissimo. Una perla in più che arricchisce l’offerta culturale e museale di Roma.  

America Oggi con Osservatorio Roma, ha incontrato uno dei talenti più prolifici ed eclettici dello spettacolo italiano, nelle sue molteplici declinazioni, le cui produzioni artistiche sono parte integrante del patrimonio audiovisivo italiano, una donna che ha sempre scelto di lavorare dietro le quinte, con l’eleganza e la sostanza che sono l’essenza del suo vivere: Carla Vistarini. Autrice di oltre 400 canzoni, di programmi televisivi che costituiscono il nucleo principale delle Teche RAI, sceneggiatrice di film importanti, scrittrice di  teatro e di libri, Carla Vistarini è come la RAI, di tutto e di più. Il suo studio romano, a pochi passi dalla storica sede della Rai, luminosissimo come luminoso è tutto il suo percorso artistico, è un insieme armonico e affascinante di dischi, copioni, libri, premi, Telegatti, David di Donatello e foto, storiche e preziose, che raccontano anni meravigliosi e creativi e che tracciano un affresco di Roma inedito e accattivante. Romana di tante generazioni, Carla Vistarini racconta una Roma  che parte da Plauto, incontra Petrolini, si sofferma su Gigi Magni e prosegue con compagni di viaggio i cui nomi sono tutti molto cari: Proietti, Goggi, Carrà, Boncompagni, Arbore, Zero, Venditti, De Gregori, Mia Martini, Loredana Bertè, Mina, Maurizio Costanzo e tanti altri ancora.

Le 400 canzoni che ha scritto e che sono diventate dischi, quante vite raccontano?

La musica ci accompagna e segna i momenti migliori della nostra vita. Ho iniziato a scrivere canzoni a vent’anni, insieme con Luigi Lopez, il mio fidanzato di allora, creando con un lui il felice binomio artistico, Vistarini-Lopez che ha scritto canzoni per tutti i più grandi artisti italiani, Mina, Ornella Vanoni, Mia Martini, Caterina Caselli, Massimo Ranieri, Peppino Di Capri, Renato Zero per citarne alcuni. La nostra è una bella storia che racconta tante storie di noi Italiani.

Con Roma sempre a fare da scenario?

Assolutamente. Io sono romana di tante generazioni, una lapide di una mia antenata, Ludovica Vistarini, posta nel Chiostro del Bramante, un luogo meraviglioso del grande artista e architetto Bramante, in centro, che invito tutti a visitare, segna la comparsa a Roma del nome della mia famiglia già ai primi dell’Ottocento.

Tante le canzoni dedicate a Roma, tra le quali “La nevicata del ‘56” interpretata da Mia Martini che ha vinto premi importanti e che descrive una “Roma tutta pulita e lucida, con la fontana che canta e dove c’è ancora posto per le favole”. Oggi Roma che canzone canta?

Oggi Roma canta una canzone diversa, dove il fascino e la magia di questa città, le sue strade e i suoi monumenti sono inalterati, ma vanno riscoperti forse in un silenzio, una tranquillità e una pace che è più difficile trovare dal momento che Roma è diventata una metropoli.  Chi viene a Roma rimane ancora sorpreso dalle bellezze che trova. La fontana che cito nei versi della canzone è una fontana da cui sgorga vino al posto dell’acqua, nel ricordo specifico di eventi che in passato avvenivano ai Castelli Romani, nelle vicinanze di Roma, quando, in occasione di feste importanti, si sostituiva all’acqua delle fontane il vino. I Romani accorrevano in un clima di festa gioiosa, con uno spirito di aggregazione e appartenenza che mi piacerebbe tanto ritrovare in un rinnovato desiderio di curiosità e di amore per questa città.

La nevicata del ‘56” è una canzone che dipinge un affresco di una città colta in un giorno storico?

E’ una fotografia di un’epoca e di un’emozione, perché ricorda una nevicata rimasta storica in una Roma dal clima tradizionalmente dolce, quella bianca neve che trasformò la città in un incanto, è rimasta nel cuore anche di chi non c’era grazie alle parole della canzone.

Una canzone che continua a viaggiare e a portare Roma nel mondo, attualmente candidata a rappresentare l’Italia in un importante contest internazionale.

Si sta preparando lo “European Song Book” che raccoglierà le canzoni più importanti che rappresentano i Paesi europei. “La nevicata del ’56” è candidata, con ottime speranze, a rappresentare l’Italia. E io ne sono felice.

Roma è sempre stata al centro di tutto e il centro di tutto, anche per lo spettacolo. Televisione, teatro, cinema, varietà…tutto sembra aver inizio a Roma. Perché?

La risposta si può sintetizzare in una parola: Colosseo. Se pensiamo a questo monumento straordinario e alla sua magnificenza, creato dai Romani proprio per lo spettacolo, per parlare al pubblico attraverso l’arte, la musica, i giochi, il teatro, capiamo che l’amore per lo spettacolo è una condizione primaria che caratterizza la romanità. Lo spettacolo e la musica sono da sempre un linguaggio universale che crea connessioni tra persone diverse.

Lo spettacolo a Roma ha origini antichissime?

Certamente, risale a Plauto e alle sue commedie, espressione di una volontà di fare critica e satira alle istituzioni per castigarne i costumi. A Roma è molto famosa la statua di Pasquino, bella e divertente, vicino Piazza Navona, dove i Romani dissidenti lasciavano biglietti contenenti messaggi critici nei confronti dei governanti, scritti in modo irridente ma anche divertente, in romanesco. “Le Pasquinate” rappresentano un aspetto che caratterizza la romanità, il non voler abbozzare, cercando di resistere per portare avanti una ribellione contro le ingiustizie.

Roma città comica. Lo è stata, lo è, lo sarà?

Credo di sì. La satira ci salverà. Partendo dal già citato Plauto e dal suo “Miles Gloriosus”, l’umorismo e la satira hanno sempre rappresentato a Roma il sale dello spettacolo ma anche della democrazia. Gigi Proietti, erede diretto di Petrolini, con il quale ho lavorato lungamente, scrivendo per lui canzoni, spettacoli televisivi e teatrali, tra cui la versione italiana di una commmedia musicale americana di Neil Simon, “Stanno suonando la nostra canzone” con Loretta Goggi che ha vinto il Biglietto d’Oro come spettacolo teatrale con più spettatori, continua questa tradizione nella quale oggi si inserisce Brignano ma anche altri. Roma sa essere una città comica.

I suoi straordinari compagni di viaggio, Magni, Proietti, Costanzo, Zero e tanti altri, sono talenti per caso nati a Roma o talenti che Roma ha saputo coltivare?

Entrambe le cose, perché Roma è una città ancora accogliente, anche per chi non è romano. Accogliente nel senso che gli entourage artistici sono pronti ad ascoltare chi viene da fuori. Io sono nata a Roma, ma ho cominciato la  mia carriera come molti altri, perchè Gianni Boncompagni  che conduceva un programma radiofonico molto seguito, “Bandiera Gialla”, in onda dagli Studi di via Asiago, al quale ero andata a chiedere cosa poter fare delle canzoni che scrivevo e che non sapevo a chi proporre, mi indirizzò alla RCA, luogo storico e straordinario dove, alla fine degli anni ’60, si riunivano tutti i cantanti della scena romana e da cui sono emersi autori come me e musicisti come De Gregori, Venditti, Cocciante, Conte, Martini, un vero vivaio di talenti. Per tutti noi è bastato andare alla RCA, con la nostra Fiat 500, far ascoltare le nostre canzoni per ottenere concrete possibilità. La stessa cosa si è verificata con i primi programmi televisivi scritti per la RAI che mi ha sempre dato la possibilità di proporre progetti e di attuarli. Tutto questo a testimonianza che Roma ha sempre dato la possibilità a tutti di potersi esprimere, attraverso l’arte, con professionismo.

E i non romani, Baudo, Arbore, Boncompagni, Carrà, se non fossero approdati a Roma, avrebbero avuto la stessa navigazione nella vita artistica?

Temo di no, perché Roma è stata intanto la Hollyvood sul Tevere, è la RAI, Viale Mazzini 14, Via Teulada 66, Via Asiago, Saxa Rubra, il Centro Sperimentale di Cinematografia, i Teatri. Roma è un concentrato di possibilità artistiche aperte a tutti dove non si può non andare. Fellini era romagnolo e a Roma ha portato tutta la sua verve, la sua grazia, Flaiano era abruzzese eppure Roma lo ha adottato e lo identifica con la città. A Roma si uniscono tante strade e si trovano nuovi percorsi.

Roma piace da sempre e tanto a tutti. A suo parere, perché?

Roma è stato il centro del primo Impero della storia, ha ereditato la cultura dei Greci, ha coniugato filosofia e potere, ha dato i natali a grandi artisti, rappresenta una forza culturale e fisica. Roma è una città fisica, che va vista e toccata, dove si mangia benissimo, è la città della Carbonara, dove la tradizione è costante e si individua in tutte le cose che ci circondano, anche nel dialetto romanesco, comprensibile e divertente. Roma e quindi la romanità sono ricche di cultura, storia, potere, divertimento, arte, satira. Roma è sempre stata un punto di attrazione anche per sommi artisti, Raffaello, Michelangelo, Canova che dalla città hanno tratto ispirazione.

La RAI, la prima industria culturale italiana ha raccontato Roma in Italia e il Cinema ha raccontato l’Italia nel mondo. E Lei con loro perché i suoi contributi artistici sono dovunque.

La RAI è a tutt’oggi un faro perché produce contenuti artistici di vario genere, musica, fiction, film. Devo alla Rai la possibilità di aver potuto esprimere la mia creatività in tanti ambiti e con tante vesti, principalmente come autore ma anche come commissario artistico del Festival di Sanremo, come autore unico di sette edizioni del Pavarotti and friends, come autrice di monografie musicali con il regista Enzo Trapani, un innovatore assoluto della televisione, con il quale ho scritto Strix, un varietà trasgressivo che ha vinto premi in tutto il mondo. Le sigle che ho scritto per i programmi RAI sono entrate a far parte del linguaggio quotidiano, come lo storico “Pirulìlulì, noi no”, per Sandra Mondaini e Raimondo Vianello che diventò l’inno dei dissidenti, un vero cult, ma anche le sigle scritte per i bambini, per i cartoni animati. La RAI è stata e continua a essere un immenso luogo dove la cultura sembra nascere, crescere, propagarsi e diventare sempre più importante. Il Cinema ha veramente raccontato l’Italia nel mondo, i nostri attori Mastroianni, Tognazzi, Gassman erano al centro dell’interesse mondiale. Roma ha creato anche neologismi, parole nuove che indicano e caratterizzano interi periodi. “Paparazzi” inventato da Fellini, racconta un’intera epoca.

Teatro a Roma significa tante cose, il Parioli ma anche il Bagaglino. Teatri diversi pensati per chi, per lo stesso pubblico e la stessa Roma?

Con Maurizio Costanzo ho contribuito alla rinascita del Teatro Parioli, il Bagaglino è invece il teatro che ospita il Salone Margherita. Sono teatri diversi, in quartieri diversi, il Parioli è in un palazzo moderno degli anni Sessanta, mentre il Salone Margherita è un teatro storico, dove recitava Petrolini, un piccolo gioiello liberty, un teatro bomboniera che consiglio di visitare. I repertori erano naturalmente differenti, ma anche il concetto di teatro lo era. Il Parioli fu pensato da Maurizio Costanzo per essere attivo 24 ore su 24, con continue proposte per il pubblico, in qualunque ora del giorno e della notte. Il Bagaglino, con Pierfrancesco Pingitore e Marco Castellacci, ha rappresentato spettacoli come Creme Caramel, Champagne, Saluti e Baci,  proponendo una satira politica molto divertente che ha visto spesso la partecipazione dei più grandi politici italiani, a cominciare da Andreotti, molto contento  per  le sue imitazioni fatte da Oreste Lionello. Sono certa che la produzione popolare del Bagaglino che raccontava l’Italia, avrà con il tempo una rivalutazione di tipo culturale, un po’ come è avvenuto con Totò.

Come era la Roma pop, espressione di autentica cultura popolare, che i giovani degli anni Settanta vivevano in luoghi di aggregazione musicali, come il Piper, rivelatosi fucina di talenti strepitosi?

Alla fine degli anni Sessanta la musica che imperava a Roma era ancora il genere melodico. Il pop e il rock, la cui eco che arrivava dal mondo ci incuriosiva, potevamo ascoltarla solo al Piper e nel programma radiofonico Bandiera Gialla. C’era una aggregazione di giovani, diventati poi tutti famosi,  Renato Zero, Patty Pravo, Loredana Bertè, Mita Medici, per i quali ho scritto tanti successi, ma anche giornalisti come Clemente Mimun, Barbara Palombelli, Paolo Zaccagnini, Dario Salvatori, grande critico musicale e Roberto D’agostino, il Dagospia dei nostri giorni. “I mejo fichi der Bigonzo”, come eravamo definiti, uniti dal piacere di stare insieme e ascoltare la musica che a noi piaceva. Ma il vero luogo di aggregazione musicale che ha consentito a molti di noi di realizzare i propri sogni, è stata la RCA, questa meravigliosa casa discografica situata appena fuori il Raccordo Anulare, che era davvero una filiera del disco, pronta ad accogliere, ascoltare, valutare il brano, registrarlo e stamparlo. Era uno straordinario luogo di aggregazione musicale e creativa  solo romano, con caratteristiche che le case discografiche del Nord non avevano.

Carla Vistarini racconta Roma con entusiasmo e il mondo artistico in modo particolare. Quanto è importante essere nata in una famiglia che appartiene al cinema e allo spettacolo?

Mio padre, Franco Silva, è stato un attore cinematografico dagli anni Cinquanta in poi, che ha vissuto il periodo della Dolce Vita, ha incontrato molti attori internazionali che venivano a girare a Roma, tra i quali Anita Ekberg, con la quale ebbe una storia che contribuì alla separazione da mia madre, reginetta di bellezza a Roma. Mia sorella è Mita Medici, attrice di teatro e televisione.  Essere nata in una famiglia d’arte è stato bello e importante.

Oggi qual è l’essenza della romanità?

La romanità di oggi è in evoluzione. La città è in forte fermento, sono arrivate molte persone, il romano vero è difficile da trovare, c’è un nuovo brodo di coltura da cui uscirà una romanità rinnovata, ancora più accogliente, ancora più positiva e satirica, che saprà conservare la capacità di sorridere degli errori, propri e altrui. Io credo che Roma ci riuscirà.

Lei è anche una raffinata narratrice. I suoi ultimi due libri, “Se ho paura prendimi per mano” e “Se ricordi il mio nome” vedono Roma coprotagonista. Quale città raccontano?

Raccontano una Roma contemporanea, la Roma di oggi e le vite rocambolesche di alcuni personaggi che devono muoversi in una città che cambia, cercando di sfuggire a pericolosi criminali. Raccontano una Roma che va scoperta, e questi libri, al di là del loro genere thriller, si propongono anche come guide turistiche per individuare zone di Roma meno conosciute, più marginali ma capaci di dare grandi sorprese. “Il Mandrione” è un quartiere bellissimo,  poco noto che corre lungo l’Acquedotto Claudio Felice, ammantato nel silenzio, a me molto caro perchè consente di vivere le rovine romane come si potevano vivere duemila anni fa. Ma si parla anche dei Parioli, il quartiere tradizionalmente abitato dalle famiglie ricche borghesi, che appare oggi misterioso e da riconsiderare, quasi da riscoprire  perché ricorda un po’ la Roma ritratta da De Chirico, il grande pittore del Novecento che ci ha regalato una Roma del mistero, enigmatica, che va assolutamente scoperta attraverso le sue tele.

Carla Vistarini e l’America. Un rapporto tutto da raccontare?

L’America è per me la seconda patria del cuore. Avevo solo dodici anni quando il fratello di una mia compagna di classe che faceva lo steward, portò dall’America uno dei primi dischi di Bob Dylan. Lo ascoltai e me ne innamorai e attraverso la musica mi innamorai subito della lingua che trovavo estremamente musicale e in seguito del cinema americano, sia indipendente che quello delle Majors,  e poi della stessa terra americana quando ho potuto visitarla  e conoscerla, girandola in lungo e in largo  on the road. Amo l’America, dove sono andata mille volte e dove spero di trascorrere molto tempo, dal momento che mi è stata concessa la Carta Verde, la Permanent Resident Card consegnatami dal Console che mi ha molto emozionato quando mi ha ringraziato, a nome degli Stati Uniti, per averli scelti. Il prossimo anno rappresenterò l’Italia e la nostra lingua, attraverso i miei romanzi con letture e readings in università a Boston e New York e spero di incontrare anche i lettori di America Oggi, ai quali va il mio saluto, con l’augurio che abbiano letto i miei romanzi nei quali racconto Roma e tanto di più.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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