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Ciao Italia, una mostra ricorda gli immigrati italiani che hanno fatto la Francia

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La storia dell’immigrazione italiana in Francia rappresenta  un capitolo fondamentale nella storia dell’Italia, che ha visto partire i suoi figli e della Francia che li ha accolti, seppur tra difficoltà e contraddizioni. L’immigrazione italiana in Francia, la più importante dal punto di vista numerico,  è  un fenomeno enorme, con un grande impatto sociale e culturale che ha coinvolto, nel corso di un secolo, 24 milioni di persone. Studiata e ricostruita per la prima volta attraverso l’allestimento di una mostra organizzata dal Museo Nazionale della Storia dell’Immigrazione di Parigi e ora itinerante, sostenuta e completata da un numero monografico della prestigiosa rivista francese Histoire, il cui titolo Ciao Italia, scritto con i colori della bandiera italiana, è un suggestivo omaggio agli italiani, approda  a Roma.

Il Centro culturale di San Luigi dei Francesi la ospita nella sua sede romana, tra il Pantheon e Piazza Navona. Il percorso espositivo si articola attraverso 16 pannelli autoportanti che ripercorrono il periodo storico considerato, dal 1860  al 1960, un secolo che va dal Risorgimento alla Dolce Vita descritta da Fellini. 100 anni intensi, in cui l’Italia passa dalla riunificazione al miracolo economico, con la costante di un sostenuto flusso migratorio italiano verso la Francia. Le cause che hanno determinato questa emigrazione di massa sono  economiche, politiche, sociali e culturali. Negli ultimi anni dell’800 si emigrava per sfuggire alla fame, alla miseria, si lasciava paradossalmente un paese da poco unificato ma ancora incapace di offrire prospettive, dalle regioni del Nord Italia, geograficamente vicine alla Francia, bisognosa di manodopera, muratori, operai, minatori, artigiani per dare slancio alla sua economia industriale e per fronteggiare gli effetti di una scarsa natalità. Partivano prevalentemente gli uomini, in cerca di lavoro e di affermazione personale.  Negli anni successivi, il fenomeno si estese a tutte le regioni d’Italia, per motivi anche politici, nel tentativo di sottrarsi al fascismo. Nel dopoguerra, cominciarono ad emigrare dall’Italia distrutta e ferita dalla guerra, intere famiglie dalle regioni meridionali che cominciarono a fare rete tra loro, installandosi nelle stese regioni, nelle stesse città, perfino negli stessi quartieri e nelle stesse strade.

In una prima fase si insediarono per lo più nel sud-est del paese, per spostarsi poi nella regione parigina tra le due Guerre, dove lavoravano nel settore agricolo del sud-ovest o nelle industrie e nelle miniere della Lorena e del Nord. Inizia il contatto tra lingue, culture, consuetudini diverse, destinate ad uno scontro iniziale, che oggi definiremmo xenofobo, improntato a clichè e pregiudizi, sintetizzato in soprannomi che fanno anch’essi parte della storia dell’immigrazione italiana, macaroni, rital. Ma la Francia aveva bisogno di manodopera e gli italiani sembravano saper far tutto, dai mestieri più pittoreschi come i saltimbanchi nelle strade,  gli  spazzacamini, a quelli più duri nell’edilizia e nei lavori pubblici, manovali, sterratori, pittori, stuccatori, piastrellisti e mosaicisti. Questi italiani hanno costruito strade, ponti, ferrovie, dighe, intere città. Hanno contribuito a costruire la Francia. Il muratore diventa il mestiere che rappresenta l’italiano, anche perché li si considerava eredi dei costruttori dell’antica Roma. Il sogno di realizzazione personale e famigliare è quello di fondare una piccola impresa e mettersi in proprio. Molti italiani ci riescono, fanno fortuna, si integrano perfettamente nella nuova realtà e scrivono pagine di storia personale e professionale destinate a lasciare il segno. La mostra ricorda la storia della famiglia Ponticelli, costruttori di camini, dei Gariglio, ristoratori ma tante sarebbero le storie, grandi e piccole, da raccontare e approfondire, tra modisti, sarti, cappellai, ciabattini, panettieri, venditori di statuette e gessi, musicisti da strada. E poi le donne, occupate nei lavori domestici nei quartieri borghesi, scelte come balie, apprezzate per la serietà e l’entusiasmo, ma anche modelle che corrispondevano perfettamente ai canoni estetici dell’epoca, per famosi scultori e pittori, negli atelier di Montparnasse e di Pigalle. Tra i 24 milioni di italiani ci sono persone destinate all’anonimato ed altre che emergono e che la mostra celebra, Alfredo Binda e Maurice Garin, di origine valdostana,  nel ciclismo, Primo Carnera nella boxe,  Yes Montand nello spettacolo, Serge Reggiani, Lino Ventura, la famiglia Bugatti.  L’italianità si fa apprezzare, la Dolce Vita di Fellini, con il racconto dell’estate romana, metafora del miracolo economico che stava svegliando l’Italia dal torpore, scuote la Francia, sempre più interessata a scoprire le bellezze dell’Italia, conquistata e affascinata da cibo, arte, cultura,  cinema e dal 1960 il fenomeno si inverte perché i Francesi diventano i primi turisti, per numero di visitatori, in Italia. Questo interscambio culturale rappresenta la pietra miliare di una fusione tra le due culture, con l’acquisizione di parole italiane che entrano a far parte del lessico comune francese spaghetti al dente, pizza, vespa, diva ma soprattutto ciao, il saluto che dà il titolo alla mostra.

Per chiarire il significato di questa scelta, l’Osservatorio Roma ha incontrato Isabelle Renard, curatrice della mostra che ha introdotto il vernissage a San Luigi dei Francesi.

O.R. Ciao Italia perché?

I.R. “Ciao è la parola che più rappresenta la circolarità dei rapporti tra Italia e Francia, frutto di un secolo di immigrazione. Ciao all’Italia che si lascia, ciao alla Francia  che accoglie e ancor più ciao all’Italia che i francesi hanno cominciato a visitare in massa, come turisti, dal 1960.”

O.R. La mostra itinerante è l’occasione per ricostruire un tema storicamente interessante

I.R. “La mostra è stata realizzata per il Museo Nazionale dell’ Immigrazione per ricostruire e lasciare un posto di rilievo alla emigrazione italiana che è stata uno dei più grandi movimenti di massa fino al 1960, evidenziandone i contributi fondamentali  nella società francese, apportati dagli italiani”

O.R.  La mostra ricostruisce l’immigrazione italiana dal 1860 al 1960. Come sono cambiati i rapporti tra italiani e francesi in questo secolo?

I.R.”L’immigrazione di massa è cominciata con l’unificazione italiana, oggi gli italiani sono nostri fratelli, ma questa storia non si è fatta senza contrasti violenti agli inizi, nel ventennio fascista molti fuoriusciti si rifugiarono in Francia, nel 1946/47 furono stipulati accordi franco-italiani di manodopera per il reclutamento di operai transalpini destinati al lavoro nelle miniere  che ha determinato l’ultimo, grande flusso di immigrazione italiana. Nel 1947 fu aperto a Milano l’Office National d’Immigration  per gestire e selezionare i candidati ad emigrare in Francia. A partire dagli anni sessanta si assiste invece ad un rovescio di situazione, perché sono numerosissimi i francesi che vanno in Italia attratti dal mito della Dolce Vita e del miracolo economico”

O.R. La versione itinerante della mostra è un estratto della esposizione parigina?

I.R “ Si, al Museo abbiamo esposto 400 opere, prestate dai più importanti musei francesi e italiani, film, documenti sonori  e altro materiale prodotti dagli italiani trasferitisi in Francia attratti dalle rivoluzioni estetiche che si sono succedute a Parigi”

O.R. Cosa rappresenta questa mostra oggi, fra due paesi che hanno rapporti a volte complessi?

I.R.” Noi abbiamo ricostruito i legami culturali che si sono creati tra i due popoli, le impronte a livello lessicale, culinario, sociale che hanno creato ponti saldi  tra questi due paesi fratelli.”

O.R. Si può parlare di italianità in Francia e di francesità in Italia?

I.R. “Si potrebbe sintetizzare in questo modo per via delle interrelazioni che si sono stabilite tra i due popoli, nel rispetto degli apporti reciproci”.

La storia della immigrazione italiana in Francia, ricostruita con lo studio rigoroso e sereno dei documenti storici, ripercorre passaggi di integrazione non facili, declinatisi attraverso stati d’animo diversi, fortunatamente evoluti  da quando, negli anni 1880/1890, l’immigrazione italiana era percepita come una invasione sfavorevole  ai lavoratori francesi e associata a forme di criminalità diffusa. Oggi i francesi considerano gli italiani parte del patrimonio culturale della Francia. La mostra Ciao Italia, un secolo d’immigrazione e di cultura italiana in Francia (1860-1960) è un omaggio e un riconoscimento che Emmanuel de Waresquel, storico francese,  esprime con poche, efficaci parole : “Gli italiani ci devono forse un po’, noi dobbiamo  loro infinitamente di più”.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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