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Raccontare la scienza

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Raccontare la scienza si può, si deve, si fa quotidianamente utilizzando ogni canale comunicativo, per informare l’ampia platea del pubblico generalista. La divulgazione scientifica è fondamentale, soprattutto nel mondo odierno che affronta grandi sfide, prima tra tutte quella della sostenibilità.

Fondazione Osservatorio e America Oggi incontrano Gianfranco Bologna, direttore scientifico e responsabile area sostenibilità del WWF Italia e Maurizio Canetta, giornalista e presidente emerito della Comunità Radiotelevisiva Italofona per approfondire quali sono le sfide, le opportunità e la responsabilità di una corretta comunicazione scientifica.

Gianfranco Bologna

Tutti parlano di sostenibilità, ma con quale consapevolezza?

La sostenibilità è tanto necessaria quanto a volte banalizzata. Bisogna riuscire veramente e concretamente a dare una sostanza a questo concetto, per fare in modo che si capisca come la crescita materiale illimitata quantitativa sia impossibile in un mondo bello, chiaro, con limiti geofisici ben definiti. Il nostro Pianeta ha 110milioni di Kmq, 150 milioni di terre emerse ma non cresce. All’inizio del Novecento eravamo solo 1 miliardo e 600milioni, oggi siamo 8 miliardi. Questa massa di esseri umani, se ha un modello culturale ed economico fatto solo di crescita, con indicatori solo economici, ha grande difficoltà a diventare sostenibile.

 La sostenibilità va di moda ma è forse un po’ abusata?

Credo sia abusata perché fa comodo che venga abusata, è utile ai politici, a molti imprenditori anche se sono molte le persone che ci stanno credendo seriamente nel mondo delle imprese e stanno cercando di rendere meno impattante il loro lavoro.

Essere meno impattanti significa essere sostenibili?

No, significa essere meno impattanti ma è già un fatto molto importante. Il problema nasce dalla “male interpretazione” della sostenibilità, perché non si capisce che la sostenibilità è un nuovo modo di stare al mondo e richiede una rivoluzione reale nel modo in cui facciamo economia, società, nel modo in cui mettiamo i valori di un certo tipo in un ordine di un certo tipo. Se l’ordine dei valori è quello di avere una comunità umana unica, perché la Terra è unica ed è quella della sostenibilità, è necessario avere una serie di caratteristiche che oggi non sono assolutamente propugnate.

Di cosa abbiamo bisogno oggi?

Certamente non della violenza ma della condizione, non della indipendenza ma della interdipendenza. Sono tutti concetti che devono diventare valori della società sostenibile. Se non ci sono, è difficile che il modo in cui si fa economia diventi rispettante di quello che è il concetto della sostenibilità.

Lei sottolinea come la sostenibilità sia scienza. Quanto è importante l’inclusività della scienza?

La scienza deve essere assolutamente inclusiva e per questo ha bisogno di essere diffusa a tutti. Noi abbiamo sistemi educativi che non ci aiutano in questo, perché i sistemi educativi di oggi, rispetto alla complessità del mondo odierno, continuano a essere a silos, a culture separate, come se la cultura umana fosse separata. Non è così,  anche se non è possibile avere degli iperspecialisti,  perché la conoscenza è talmente tanta che è difficile avere conoscenza di tutto, c’è  tuttavia un modo e una metodologia seria per approcciare le conoscenze altrui, per fare in modo che ciascuno si contamini con le conoscenze degli altri.

È per questo che lei propone un apprendimento lungo l’arco di tutta la vita?

È un progetto a cui credo molto e che cerco di promuovere perché noi non abbiamo un apprendimento che finisce con l’acquisizione di pezzi di carta formali che ci vengono dati per un titolo di studio, ma abbiamo un apprendimento che dovrebbe durare lungo l’arco di tutta la vita. Tutti dovremmo avere le opportunità per farlo e tutte le istituzioni culturali dovrebbero offrire tali opportunità, le università dovrebbero essere aperte a tutti, anche al di là dei corsi universitari per i propri studenti e tenere liberamente corsi di formazione su varie tematiche, in primis sulla sostenibilità per la sfida che  essa pone al mondo del futuro, per conoscere, capire, favorire la capacità di unire i puntini. Purtroppo abbiamo ancora una cultura che separa e non unisce e una cultura che separa, non crea la base per la sostenibilità.

Il progetto One Planet School con WWF Italia, presentato sul sito del WWF con un cameo di Piero Angela, su quali temi sensibilizza?

Il progetto, realizzato con il Fondo Mondiale per la Natura con il quale collaboro da molti decenni, prende il nome di One Planet School proprio per far capire l’importanza straordinaria di quanto noi siamo connessi alla natura, dipendiamo dalla natura, senza la natura l’umanità non può vivere. È pura follia distruggere la natura, perché farlo significa distruggere la base che ci ha dato la vita. Noi siamo nella natura, non siamo altro, non siamo oltre, siamo natura.

Maurizio Canetta

Nelle grandi esperienze la narrazione dei fatti prevale sulla loro realtà”. Se ciò che viene narrato è diverso da ciò che è vero, la realtà come si afferma e la storia chi la scrive?

Il rapporto tra i fatti che sono freddi e la narrazione che è calda è un tema centrale e uno dei compiti del giornalista è rendere caldo quello che apparentemente è freddo. La cosa importante è far sì che i due piani siano molto chiari nel  pubblico e per far questo occorre definire quali sono i fatti sulla base dei quali si costruisce la narrazione e soprattutto che non ci sia mai ambiguità, nemica della chiarezza. In tempi di incertezza, di fronte alla scienza, alla pandemia, alla guerra, al cambiamento climatico e a tutti i grandi temi che stiamo affrontando, non c’è ambiguità che possa favorire terreni di scontro, di polarizzazione o incomprensione. Il compito centrale per un giornalista e per chi deve comunicare è far sì che ogni narrazione sia sostenuta dai fatti.

Realtà e finzione della narrazione scientifica. E’ un tema che la divulgazione sui media subisce o determina?

C’è un doppio effetto, rischia di subirla in quanto la quantità e la somma di informazioni, il fascino di certi titoli e di certi studi scientifici può catturare, quello che conta è però che la narrazione non diventi mai finzione. La finzione esiste, c’è una letteratura che ha precorso la scienza, ma sapere di cosa si tratta, su quali basi è stato fatto il racconto è centrale. Un giornalista deve narrare, non può limitarsi solo a esprimere dati, numeri e studi perché questo non passerebbe al pubblico e a chi deve ricevere la comunicazione, ma resta importante l’adesione ai principi di fondo che sono la chiarezza, la motivazione e la citazione continua del contesto e delle fonti dalle quali si è partiti per  costruire il proprio pezzo, la propria narrazione, il proprio articolo.

Guglielmo Marconi scriveva “Il mio talento, le mie intuizioni scientifiche, la mia radio solo a servizio della pace”. Oggi scienza e comunicazione sono a servizio della pace?

Scienza e comunicazione, in campi diversi, sono a servizio di chi li paga e uno dei grandi temi è proprio quello di chi sta dietro le comunicazioni,  chi sta dietro uno studio scientifico per il quale si cercano finanziamenti, dietro la volontà di scoprire e fare passi avanti nella ricerca. Il compito della comunicazione è quello di fare chiarezza in un mondo che a volte non è chiaro. La difficoltà sta nel dissipare qualche nebbia che esiste proprio perché la complessità non va mai cancellata ma messa in evidenza, per far capire al pubblico che le cose complesse necessitano di tempo e di ragionamenti complessi.

Gli organismi della Comunità Radiotelevisiva Italofona come devono raccontare la scienza a un pubblico generalista?

Con onestà e trasparenza, anche riconoscendo i propri limiti, evidenziandoli per far sì che chi fruisce sappia da dove si parte, con quali strumenti si è costruita la comunicazione e dove si vuole arrivare. Io posso anche costruire un pezzo a tesi, l’importanza che al pubblico sia chiaro che quella è la mia tesi e su cosa è basata. Poi sarà il pubblico a valutare la qualità e credibilità della mia comunicazione. La fiducia è uno dei momenti chiave del rapporto tra giornalismo e pubblico,  un elemento centrale difficile da conquistare ma facile da perdere.

Scienza, etica, storia, guerra, pace sono nella narrazione del nostro nuovo tempo. Quali sono le sfide, le opportunità e le responsabilità dei comunicatori?

La coscienza della responsabilità è l’aspetto più importante, perché le guerre ci sono sempre state, oggi non c’è solo l’Ucraina anche se alcune sono meno narrate in quanto più lontane e forse meno sentite dalle comunità e per questo entra in campo il tema della rilevanza, un aspetto molto importante per un giornalista. Se etica significa studiare i comportamenti umani legati al bene e al male, non c’è neutralità assoluta perché molto dipende dalle posizioni che ciascuno ha. È necessario costruire una comunicazione che permetta a chi la riceve e la fruisce di avere in chiaro quali sono gli elementi giudicati importanti da chi trasmette la comunicazione, sia attraverso la voce di uno scienziato sia attraverso la propria voce, fattori che permettono di definire quali sono i valori  messi in campo.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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