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Lo scultore del vento

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L’Aula Nervi in Vaticano, la sala delle udienze papali conosciuta anche come Aula Paolo VI, è nota in tutto il mondo e con essa l’imponente scultura in bronzo della Resurrezione collocata al centro della parete che fa da sfondo alla pedana su cui siede il Papa. L’autore è Pericle Fazzini, lo scultore dell’ultima grande opera monumentale commissionata dal Vaticano dalla Cappella Sistina a oggi, un capolavoro realizzato in cinque anni e inaugurato da Papa Paolo VI nel 1977. Ma chi è Pericle Fazzini, cosa ha rappresentato per l’arte italiana, come è necessario raccontarlo? Roma lo celebra con una mostra monografica, allestita al Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, ricca di opere e di sorprese, con un percorso espositivo suggestivo che ripercorre l’esperienza personale e artistica dello scultore del vento, come lo definì Giuseppe Ungaretti. La mostra, visitabile fino al 2 luglio, è una preziosa occasione per conoscere la produzione artistica di Pericle Fazzini nella sua completezza, ben oltre le opere iconiche che raccontano solo una parte del suo  percorso di vita e di arte. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero ha incontrato Federica Pirani, Direttrice del Patrimonio Artistico Ville Storiche della Sovrintendenza Capitolina, Alessandro Masi, Segretario Generale della Società Dante Alighieri, storico dell’arte, autore del video che accompagna la mostra di cui è curatore con Chiara Barbato e Roberta Serra, e Giulio Ferroni, curatore del volume in uscita dedicato agli scritti di Pericle Fazzini.

Federica Pirani

Cosa significa per il Museo Carlo Bilotti ospitare una monografica su Pericle Fazzini?

E’una bellissima occasione per rivalutare con gli occhi di oggi uno scultore che ha fatto la storia del Novecento italiano. La mostra presenta anche opere poco note o del tutto inedite, i bozzetti dell’opera monumentale Resurrezione ma anche i pastelli realizzati nell’ultimo periodo della vita, con i colori dell’amato Mar Adriatico, di Grottammare e delle Marche, sua terra d’origine. L’iniziativa della Fondazione Pericle Fazzini, dell’Archivio Storico Fazzini, della figlia Barbara Fazzini da poco scomparsa e alla quale la mostra è dedicatae l’impegno di tutti coloro che hanno reso possibile l’allestimento della mostra, serve anche a ritessere il rapporto dell’artista con il Novecento italiano. Pericle Fazzini è uno scultore che ha avuto un rapporto particolare con la natura e con le materie, soprattutto il legno. Questo rende la mostra ancora più adatta al Museo Carlo Bilotti che è immerso nella natura bellissima di Villa Borghese.

Molte sculture esposte sono in legno, un materiale amato dall’artista?

Il legno è il quinto elemento della natura per Fazzini che lo considera una materia viva e su cui misurarsi, insieme all’acqua, al fuoco, all’aria e alla terra. Le sue sculture in legno sono talmente straordinarie che ci si può quasi aspettare germoglino o mettano radici per quanta vitalità conservano ed esprimono.

È esposto anche uno dei capolavori iconici dell’artista

È Il ragazzo con i gabbiani, un’opera straordinaria, uno dei capolavori più importanti della scultura del Novecento. E’ una scultura che suggerisce il vento, il calore che segue la direttrice del sole, la terra verso la quale il ragazzo è chinato. La scultura ci ricorda il Barocco, le sue metamorfosi e la dialettica tra artificio e natura.

Alessandro Masi

Pericle Fazzini tra i grandi protagonisti della Scuola Romana e della scultura italiana?

Fazzini, nell’ambito delle ricerche classiche del Novecento, è colui che svincola la materia dal monumentale e dalla retorica e la riporta al suo grado di narrativa, rendendola  fruibile secondo un criterio estetico che fino ad allora non era stato seguito e per questo è un artista che rappresenta una grande novità.

La sua scultura riesce a raccontare il non monumentale

L’esempio classico è quello della mela, Arturo Martini scrive che se un pittore dipinge una mela fa un quadro, se uno scultore scolpisce una mela fa un soprammobile. Pericle Fazzini invece riesce a scolpire quella mela, metaforicamente parlando, rendendola un’opera d’arte.

L’incontro con Giuseppe Ungaretti quanto è stato significante per Fazzini?

C’è una conoscenza profonda e un vero sodalizio tra Pericle Fazzini e Ungaretti. Fazzini mi raccontava che nei momenti più duri della loro esistenza, insieme scaldavano castagne e quello era il loro pranzo. Ungaretti, cheha definito Fazzini lo scultore del vento, è stato capace più di tutti di raccogliere con una frase l’etereità di Fazzini e il suo anelito all’antimateria.

Antimateria intesa come?

Non è una antimateria di distruzione, ma è una antimateria che ricerca Dio. Polverizzare la materia fino a trovare l’essenza divina delle cose.

La sua arte è sacra, religiosa o trova altre definizioni?

Il XX secolo è stato un secolo laico, delle avanguardie, della distruzione del reale. Fazzini invece rappresenta ancora la grande tradizione del sacro, in formula del tutto nuova e non agiografica, che ha mantenuto viva la Fede nell’opera come espressione di qualcosa di superiore. Fazzini non lo fa perché è uno scultore del Vaticano, che lo chiamerà solo successivamente, ma perché ha sempre avuto fisso il punto di ricerca del sacro nell’arte, indipendentemente dal committente.

Il video che lei ha realizzato per la mostra, si conclude con l’affermazione che Dio è l’Arte

Dio è l’arte, l’arte è Dio, un chiodo fisso per Fazzini che già giovanissimo nel 1931 comincia i suoi scritti invocando Dio come presenza fondamentale nella sua opera. Leggendo gli Scritti di Fazzini che saranno pubblicati a cura di Giulio Ferroni, si capisce come per lui Dio fosse un’assistenza spirituale che richiederà sempre.

La mostra è un’occasione per far conoscere una produzione artistica che va oltre la Resurrezione in Vaticano?

Si, la Resurrezione è un’opera che vedono miliardi di persone in diretta video mondiale, ma c’è un Fazzini che molti non conoscono o hanno dimenticato e questa mostra vuole riproporlo al grande pubblico, con l’esposizione di cento opere a Roma, la sua città d’adozione, con un percorso che dall’inizio del 1931 arriva fino alle ultime opere.

Giulio Ferroni

Cosa raccontano testi e appunti di Pericle Fazzini?

I testi e gli appunti raccontano l’intera vita, fin da ragazzo quando guardava il mondo naturale e sentiva la necessità di esprimersi attraverso la scultura già da adolescente. Ci sono i ricordi nella casa del padre falegname e un legame forte con la vita quotidiana che esprime in alcuni testi. Mi ha colpito molto leggere che uno dei suoi primi ricordi è il rumore di un uomo che colpiva forte su una pietra e forse è proprio quello l’inizio del suo rapporto con la scultura.

Oltre ai ricordi personali, quali informazioni contengono i suoi testi?

Fin da giovanissimo annotava con appunti le sue riflessioni sulla vita, sui rapporti personali,  sulla prospettiva spirituale. Nei suoi testi ci sono considerazioni sulle diverse opere, sul suo modo di lavorare, sulla passione espressiva, sull’esigenza spirituale. “C’è un fantasma dentro di me che voglio esprimere” scriveva, per indicare lo spirito che vuole scoprire e manifestare il senso dell’esistenza attraverso il fare artistico e soprattutto attraverso la scultura.

Uno scultore solitamente parla attraverso la scultura, perché Fazzini sente il bisogno anche di scrivere?

È n valore aggiunto perché qualsiasi scultore pensa al senso di quello che fa ma in genere non lo scrive. Fazzini invece ha bisogno di trovare il confronto con i più diversi mezzi espressivi, non a caso usa modalità artistiche e tecniche diverse come il disegno e la pittura, soprattutto negli ultimi anni. È un artista che vive il rapporto con diversi mezzi espressivi e anche la scrittura è un mezzo espressivo, anche se non ambisce a essere uno scrittore ufficialmente inteso, ma attraverso la scrittura esprime qualcosa di importante per il suo senso artistico globale.

Per entrare nel mondo di Pericle Fazzini, è necessario osservare le opere e leggere gli scritti?

Leggendo i suoi scritti, che non conoscevo, ho scoperto immagini di grande suggestione, come il riferimento al sasso nel fiume “io faccio con la materia quello che fa l’acqua che scorrendo nel fiume, arriva a levigare i sassi”. Fazzini equipara il proprio lavoro scultoreo a quello che fa la natura che scolpisce corrodendo la materia minerale e i suoi scritti illuminano totalmente sul senso profondo del suo fare e il suo rapporto con la natura.

Se questi pensieri non li avesse scritti, non si sarebbero mai conosciuti

Certamente, è per questo che saranno pubblicati nel prossimo mese di giugno per le edizioni De Luca.

Cosa rappresenta la scrittura per lo scultore Fazzini?

La scrittura è per lui l’interrogare il senso del proprio fare e del proprio essere nel mondo, con una ricchezza di prospettive che parte dalla passione per la natura e per la materia.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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