Il linguaggio social contemporaneo utilizzerebbe l’acronimo POV (point of view) come cifra di Noi Donne, la rivista che dal 1944 racconta lo sguardo delle donne sulla società. Il punto di vista delle donne è protagonista assoluto fina dalla prima pubblicazione in clandestinità. Ogni inchiesta su tematiche rivelatesi di fondamentale importanza per le donne, ha raccolto la voce delle donne e restituito uno sguardo multiforme. Il microfono offerto e mai sottratto, l’orecchio pronto all’ascolto e mai alla censura, per capire esattamente quali fossero gli argomenti di interesse delle donne e quale il loro punto di vista.
In ottant’anni sono state svolte attività, formulate proposte, delineate soluzioni, festeggiate conquiste sempre dalla parte delle donne, di tutte le donne. Ottant’anni sono un anniversario da celebrare, un patrimonio culturale da custodire, consegnando alla storia e alla libera consultazione, l’Archivio storico della rivista digitalizzato. Una storia lunga ottant’anni scandita anche attraverso le parole che entrano di diritto e con orgoglio, nel programma celebrativo organizzato con il Dipartimento Studi Umanistici dell’Università Roma Tre. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Costanza Fanelli, editrice di Noi Donne.
Costanza Fanelli
Ottant’anni di storia scritta al femminile, tra conquiste e trasformazioni?
È una storia di donne coraggiose che comincia sotto le bombe, quando alcune donne hanno cominciato a pensare che avere un loro foglio, diventato testata giornalistica, fosse un diritto e un piacere.
Chi erano le lettrici di allora?
Operaie che pur in clandestinità, erano orgogliose di dire questo è il nostro giornale. In realtà ND era già nato come giornale, prima del 1944, fondato dalle donne che avevano lasciato l’Italia per la Francia. Nel 1944 rinasce, in edizione clandestina fino all’occupazione, poi in edizione legale con l’Italia liberata. Gli ottant’anni che si celebrano appartengono a centinaia di donne meravigliose che hanno voluto dare subito uno strumento editoriale dedicato alle donne, a quelle impegnate nella lotta partigiana e a quelle che volevano esserci nel dopo, nella Liberazione.
Noi Donne che ruolo ha avuto nel percorso delle donne in Italia?
Ha accompagnato tutto il percorso delle donne nella democrazia italiana. È passato attraverso il primo voto delle donne a cui ND ha dedicato i pochi fogli allora disponibili, è passato attraverso la battaglia per il referendum, il divorzio, l’aborto. La testata ha una continuità che attraversa come un fiume le vicende sia del Paese in quanto tale, sia soprattutto di quello che le donne volevano fare in questo Paese.
La rivista ha dato voce alle donne anche quando le donne non avevano voce?
Assolutamente sì. Pensiamo a cosa poteva essere l’Italia alla fine degli Anni Quaranta, ma anche nei decenni successivi. ND denunciava la disparità salariale, il reato di adulterio femminile. Una realtà durata fino alla fine degli Anni Sessanta e altre situazioni legate al mondo delle donne. Le donne non avevano voce in uno schema patriarcale arretrato e ND ha accompagnato l’emergere di un nuovo protagonismo culturale e politico. È un fiume carsico di informazioni e racconti che oggi è reso fruibile per tutti con la digitalizzazione dell’Archivio Storico della rivista.

Noi Donne dalla parte delle donne. Solo quelle di sinistra?
No, non solo. Noi Donne è stato per un certo periodo l’ organo di informazione dell’UDI, Unione Donne Italiane che ha svolto un compito importante. Noi Donne andava però sempre oltre, l’attenzione alle donne era sempre un passo più avanti anche rispetto ad alcune posizioni dello stesso mondo della sinistra a cui l’UDI apparteneva.
Che giornale era?
Era un giornale che voleva stare molto vicino alla condizione delle donne, non solo battaglie, slogan, ma faceva parlare direttamente le donne. Sollecitava pareri da esprimere attraverso lettere, interviste, inchieste. Dentro Noi Donne c’erano le donne vere, quelle che volevano rappresentare, non solo le posizioni delle donne dirigenti delle varie organizzazioni.
Come è cambiata negli anni?
La testata a un certo punto è cresciuta e ha assunto l’immagine di rotocalco, con una veste accattivante che si vede dalle belle copertine. Non ha mai avuto un padrone ma sono sempre stati gruppi di donne, cooperative di donne a finanziare la rivista. Alla soglia degli Anni Duemila ha però registrato una crisi profonda e ha rischiato di chiudere ma ancora una volta la storia si è ripetuta e alcune donne hanno ricominciato a pubblicare. Ora la testata è tante cose insieme, un sito, un online settimanale che arriva a migliaia di donne, è un soggetto che partecipa a tanti progetti culturali e sociali, è un grande contenitore di articoli liberi. Dal 2017 stiamo lavorando all’Archivio digitalizzato, disponibile sullo stesso accesso del sito di Noi Donne.
Quali sono state le conquiste sociali più significative che ND ha aiutato ad acquisire?
Negli anni tra la fine dei Sessanta e gli inizi dei Settanta, ci sono stati passaggi che hanno riguardato non solo aspetti emancipatori come il lavoro, su cui ND è un meraviglioso strumento per ricostruire da dove si è partite a dove si è arrivate. Noi Donne ha sollevato problematiche culturali, diventate in seguito grandi temi come l’aborto, la contraccezione, la violenza che allora non erano assolutamente gestibili con verità. Le meravigliose inchieste di Giuliana Dal Pozzo, che è stata una delle direttrici più innovative di ND, ha aiutato le donne a parlare e a esprimere il loro parere sull’aborto, un tema molto discusso, diventato legge dopo molte lotte.
Ci sono state altre battaglie importanti come la libertà di scelta della maternità perché negli anni Sessanta c’era ancora il reato di contraccettivi. ND prende in mano concretamente la battaglia per l’uso dei contraccettivi e il diritto a una maternità responsabile, contro la visione religiosa ma anche dei medici che non volevano affrontare con trasparenza il tema dell’aborto.
Quanti ne vogliamo, quando li vogliamo?
Era il titolo di una grande inchiesta che faceva parlare le donne e questa cosa era allora rivoluzionaria. Noi Donne è stata apripista di passaggi fondamentali negli Anni Settanta, con un ruolo di sveglia e di accelerazione nella consapevolezza delle donne.

Chi erano le lettrici?
La rivista arrivava a donne di tutte le categorie e faceva parlare tutte le donne. ND ha costruito una cultura delle donne anche come attenzione al corpo e al diritto dell’autodeterminazione, un atteggiamento che certo non apparteneva alla sinistra. Arrivare tutte le settimane con inchieste, immagini, foto meravigliose di ragazze, donne, contadine a cui si chiedeva di parlare ed esprimersi sui grandi temi ma anche di raccontare la propria vita, era una grande voce collettiva.
Una voce collettiva che continua a parlare e a raccontare grazie alla digitalizzazione dell’Archivio?
Si, con Tiziana Bartolini abbiamo pensato che questa restituzione fatta a poco a poco, dovesse essere comunicata nel sito di una testata viva. Nel corso degli anni abbiamo conservato, portato in sicurezza e tutelato una innumerevole quantità di documenti, ma non volevamo fare una operazione di sola conservazione. Abbiamo avuto il riconoscimento della Sovrintendenza Archivistica del Lazio. Dal 2000 la nostra documentazione è patrimonio culturale ma noi non abbiamo mai vissuto questo Archivio come un passato.
Che voce ha l’Archivio di Noi Donne?
La voce di un presente che può servire ancora a tante donne, alle scuole, alla ricerca. E’ materiale vivo, dentro un sito vivo.
L’Archivio Storico digitalizzato collabora con l’Università Roma Tre con quali progetti?
La collaborazione è con il Dipartimento di Studi Umanistici di Roma Tre che ha una attenzione particolare alle nuove tecnologie, per dare modalità espressive più forti e sperimentali, alla ricerca archivistica, storica, culturale, letteraria. È stato un incontro importante e felice perché il Dipartimento ha realmente compreso e valorizzato il nostro patrimonio documentale.
Cosa racconta l’Archivio di un giornale come Noi Donne?
È un archivio divertente che affascina gli studenti. Le notizie, le immagini, la pubblicità raccontano un’epoca perché l’archivio è un trasmettitore particolare. ND riesce a trasmettere cose molto serie ma anche curiosità come la moda degli Anni Cinquanta, bella ed elegante. Tutto questo incontra la ricerca perché offre spunti per approfondimenti e tesi di laurea.
Un uomo che ha collaborato con Noi Donne e ha lasciato il segno?
Gianni Rodari ha scritto articoli pedagogici con le vignette, i disegni, ma soprattutto con un approccio rivoluzionario che parla dei bambini partendo dai bambini e non dai genitori o dagli educatori.
Ottant’anni di Noi Donne scanditi dalle parole dalla A alla Z, la storia di ieri e di oggi…
Ci sono parole che sono patrimonio delle donne, diventate anche simboli come emancipazione, autodeterminazione. Per gli ottant’anni della rivista abbiamo lanciato una call aperta sul nostro sito per costruire una sorta di vocabolario libero. Abbiamo invitato a scrivere una parola di particolare significato per chi la inviava, accompagnandola con poche righe per spiegarne i motivi, perché questa parola è importante per me. Presenteremo il Dizionario delle parole raccolte all’Università Roma Tre il prossimo 24 marzo, insieme alla sottolineatura del compimento dell’Archivio digitale e a una pubblicazione che è una lettura semplice degli ottant’anni trascorsi. Presentiamo una corsa per decenni, dal 1944 fino a oggi, realizzata con immagini accompagnate da sessanta battute, per capire cosa succedeva, attraverso ciò che Noi Donne aveva saputo cogliere.
