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VITA DULCIS la mostra delle star

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Nel mese di aprile è stata inaugurata una mostra a Roma, visitabile fino al 28 agosto, di cui hanno scritto, parlato e raccontato tutti, l’informazione televisiva, i giornali, i siti di arte, le riviste di moda, i blog di gossip e i social che hanno rilanciato le visite delle star e di influencer come Chiara Ferragni. Quali sono le ragioni di un interesse generalizzato e diffuso su VITA DULCIS, la mostra allestita al Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale, prodotta dall’Azienda Speciale Palaexpo? L’idea su cui è stato costruito il progetto espositivo, pone in dialogo reperti di archeologia di epoca romana, capolavori del cinema mondiale e arte contemporanea che si incontrano in una mostra curata da Stephan Verger e Francesco Vezzoli. Due nomi noti, due personalità espressione ciascuna di un mondo culturale diverso e caratterizzato, il Museo Nazionale Romano che Verger dirige e l’immaginario contemporaneo sviluppato da Vezzoli nella sua pratica artistica. Ed è anche per questo che la curiosità di visitare la mostra diventa desiderio di scoperta. Il successo dell’iniziativa parte da lontano, da quando si è cominciato a valorizzare opere d’arte poco conosciute e reperti mai esposti conservati nei depositi finalmente aperti del Museo Nazionale Romano, capolavori che oggi incontrano la visione prospettica e contemporanea di uno star artist internazionale. Francesco Vezzoli crea opere, trucca e colora l’antico, raccontandolo in un modo nuovo e accattivante, condividendolo con la generosità e naturalezza di un artista internazionale che non si comporta da star. Altri aspetti concorrono al successo della mostra, l’allestimento teatrale disegnato da Filippo Bisagni, l’illuminazione a luce diffusa realizzata da Luca Bigazzi, celebrato autore di fotografia cinematografica, il grandioso set cinematografico di Roma Antica messo a disposizione da Cinecittà. Un ulteriore e immediato motivo di richiamo è anche l’immagine di copertina della mostra che arreda Roma, una intrigante testa in marmo romano, Satyricon, realizzata da Francesco Vezzoli in pittura acrilica, foglie in plastica e oro metallizzato. E’ la testolina bionda con lo sguardo ceruleo e la bocca indisponente a cui è affidato il messaggio della Vita Dulcis a Roma. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Stefan Verger e Francesco Vezzoli, curatori della mostra e Marco Delogu, presidente di Azienda Speciale PalaExpo.

Stefan Verger

Direttore, Vita Dulcis è un titolo e un sentimento?

Esattamente, Vita Dulcis è il titolo della mostra ma è anche quello che abbiamo vissuto con Francesco Vezzoli divertendoci a riscoprire, nei depositi del Museo Nazionale Romano, le opere e l’antichità con un nuovo sguardo, quello di Francesco Vezzoli e il mio.

Cosa avete fatto insieme?

Insieme abbiamo scelto le opere per la mostra e Francesco Vezzoli ha messo le sue creazioni in questo contesto, creando una scenografia assolutamente incredibile. Sono opere riscoperte più volte, sia perché tratte dai depositi in cui erano conservate da molti anni, sia perché c’è lo sguardo dell’artista che le fa vivere di nuovo, ma riscoperte anche perché permettono di capire che i capolavori dell’arte antica non sono solo quelli descritti come capolavori. Ogni visitatore, con il suo sguardo particolare, si crea i propri capolavori, senza fermarsi a opere molto note come il Discobolo o il Pugilatore, anche se sono capolavori assoluti, ma deve cercare quello che tocca il suo cuore e le sue emozioni.

Per una connessione diretta con l’arte?

Esattamente, questo è il significato da cercare. Anche io ho alcuni capolavori del cuore nel Museo, come Vezzoli ne ha altri.

Francesco Vezzoli cosa ha portato all’allestimento della mostra?

Francesco Vezzoli è un artista italiano molto famoso e originale che pone al centro delle sue opere il rapporto con la classicità e l’antichità. In Vita Dulcis crea una sorta di elettroshock tra il classico e il contemporaneo più contemporaneo che si vede in tutte le sale del percorso espositivo. È un artista del contrasto e delle sfumature, talmente delicato che è difficile distinguere le sue opere da quelle originali del Museo Nazionale Romano perché ha la grande capacità di rendere l’antichità presente, presente tra  noi e parte della nostra vita e della nostra mente.

È una nuova narrazione dell’archeologia?

È un’emozione più che una narrazione, uno sguardo e uno  shock, uno shock delicato.

Francesco Vezzoli

Una Vita Dulcis quella che incontra l’arte e la storia?

La mia vita è stata molto dulcis nel preparare questa mostra perché mi è stata data l’opportunità di giocare con alcuni  grandi capolavori, avvicinandoli alle mie opere e ad alcuni grandi capolavori della storia del cinema.

Una mostra con tante chiavi di lettura?

Si, è una mostra che vuole avere tante chiavi di lettura non per impaurire lo spettatore, ma per riavvicinarlo all’archeologia, alla storia del nostro passato e delle nostre radici.

Cosa intende quando afferma che la storia va guardata senza timori né tremori?

Non solo la storia va guardata senza timori né tremori, ma va guardata in maniera ludica, anche erotica, sarcastica e ironica. Se oggi leggiamo Le vite dei Cesari di Svetonio, capiremo molto di più su Donald Trump che se leggessimo un editoriale del New York Times.

Cosa ha provato a entrare nei depositi del Museo Nazionale Romano?

Sono entrato nei depositi della bellezza dimenticata accompagnato dal direttore Stephan Verger che mi ha accompagnato come un Virgilio, permettendomi di giocare in maniera ludica con reperti che hanno un valore storico importantissimo. È un immenso patrimonio che io chiamo dimenticato anche se questa definizione dà un po’ di malinconia. In realtà il patrimonio non è dimenticato, è conservato, è lì ed è talmente vasto che per esporlo tutto non basterebbero 10 Metropolitan Museum e una Fifth Avenue allungata 10 volte. Un artista, ma anche un archeologo, un direttore, il presidente di un istituto culturale, hanno il dovere etico e personale di riportare l’interesse su queste opere.

In che modo?

Il mio ruolo di artista è tentare di riattivare una connessione tra un reperto e l’emozione contemporanea, portando il visitatore a non aver paura della storia ma a guardarla senza filtri, timori o inadeguatezze. Il mio dovere è quello di inventare ogni volta una nuova strategia e una nuova narrativa, per poter ri-raccontare un patrimonio artistico vivo, prezioso e presente.

Sono lontani i tempi in cui il Pugilatore doveva andare al Metropolitan di NY per essere ammirato e apprezzato?

Si, io spero che il Pugilatore torni a viaggiare ma innanzitutto spero che crei una grandissima coda di visitatori  fuori da Palazzo Massimo, il suo luogo naturale di appartenenza.

Lei definisce l’Italia un pianeta. Perchè?

È un pianeta perché vive di regole proprie che forse gli altri non sempre capiscono ed è seduta su un patrimonio artistico immenso che deve imparare a gestire anche attraverso la politica, senza desideri di egemonia ma solo con la voglia di condivisione.

Marco Delogu

Presidente, Roma cosa rappresenta oggi nel mondo dal punto di vista artistico?

 Roma rappresenta tantissime cose perché in tanti secoli di storia la città ha costantemente ospitato comunità di artisti che hanno ragionato sul vero valore dell’arte. È sempre accaduto, anche nel Novecento, anche oggi. Io torno in Italia dopo una lunga esperienza all’estero e il mio compito è proprio quello di capire cosa succede adesso a Roma e riportarlo attraverso vari linguaggi, arte, letteratura, cinema.

Palazzo delle Esposizioni come si colloca in questo progetto?

È un focus per capire che cos’è l’arte contemporanea, da dove viene e dove andrà. L’arte è la vocazione del Palazzo delle Esposizioni.

Vita Dulcis è una mostra nata da una sinergia importante tra diverse istituzioni culturali. Che messaggio lancia?

È sicuramente il segno che Roma è oggi molto forte e ben rappresentata nelle sue istituzioni culturali, al contrario di periodi precedenti in cui all’estero era conosciuta solo per la sua classicità e per il periodo rinascimentale. Roma è la città in cui tanti grandi artisti hanno deciso di vivere ed è sede di Accademie culturali internazionali che producono arte.  Azienda Speciale Palaexpo ha prodotto questa mostra,particolare e bellissima come non se ne vedono tante, con cui ha iniziato la sua nuova programmazione per riportare Roma al centro della scena culturale internazionale, partendo dall’arte e questa mostra ha dimostrato che si può fare.

È una Roma che crede in se stessa e sa raccontarsi attraverso l’arte?

Assolutamente sì e lo dico con orgoglio perché io stesso ho deciso di tornare in questa città per viverla.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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