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Artiste a Roma nel Novecento

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Le donne artiste, l’arte nelle sue sorprendenti manifestazioni e Roma, nella prima metà del Novecento, sono protagoniste di un approfondimento storiografico che apre una nuova pagina nella storia dell’arte del XX secolo. Il Novecento è il secolo in cui molte donne artiste cominciano ad affermarsi. Roma, con la sua vivace vita culturale, luogo nevralgico di costruzione dell’arte contemporanea, ne accoglie molte e dà voce alla creatività di artiste provenienti dall’Italia e dall’estero. Eppure la storiografia ufficiale è parca di informazioni sull’arte femminile, nei manuali di storia dell’arte ci sono pochi nomi di pittrici e scultrici e si registrano molte assenze. Si tralascia una considerevole produzione artistica femminile che c’è stata e ha realizzato capolavori.  Una mostra allestita al Casino dei Principi di Villa Torlonia, visitabile fino al 6 ottobre e un catalogo realizzato in collaborazione tra Sovrintendenza Capitolina e Università La Sapienza, ricostruisce l’immagine della donna nella storia dell’arte nei primi decenni del XX secolo, tra avanguardie e movimenti che ne costituiscono la cifra artistica. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra le curatrici della mostra Ilaria Schiaffini, docente di Storia dell’arte contemporanea alla Sapienza, Giulia Tulino, storica dell’arte   e Federica Pirani, direttrice del Patrimonio Artistico delle Ville Storiche della Sovrintendenza Capitolina.

Ilaria Schiaffini

Qual è la complessità di essere stata donna futurista a Roma?

La complessità riguarda le artiste in generale, soprattutto in quel periodo e questo è un tema sul quale si registra una nuova ondata di sensibilità. Le donne futuriste entravano in un movimento per certi aspetti misogino, puntiamo al disprezzo della donna aveva detto Marinetti nel manifesto di fondazione, anche se il tema è stato poi contestualizzato, precisato e ricondotto a una posizione culturale contro una certa visione romantica e tradizionale della donna.

Il Futurismo fu davvero misogino?

Ha avuto spunti misogini che non si possono negare, ma in realtà fu un movimento aperto alle donne artiste che a volte erano mogli o compagne di artisti e intellettuali, a volte erano personalità autonome e indipendenti. Benedetta Cappa era la moglie di Marinetti ma anche una grandissima pittrice e scrittrice di grande valenza. Altre donne ebbero percorsi di vita diversi, Rouzena Zatkova  è un’ artista boema che venne a Roma per il matrimonio ed entrò in contatto con il contesto futurista romano, allora molto vivace, dove portò la sua cultura orientale, intrecciandola con la cultura futurista.

E cosa ne nacque?

Ne scaturì un percorso di donna artista molto affascinante che durò poco perché Rouzena morì giovane, ma lasciò molto, realizzò opere polimateriche  che hanno un carattere pionieristico sulla scorta di Balla. Nella mostra sono esposte per la prima volta le tavole di Re David, una scoperta recente fatta da una dottorata della Sapienza, Marina Giorgini, che le ha ritrovate, una vera primizia della mostra.

In mostra sono esposte le opere di artiste italiane e internazionali?

Si, tra le italiane è esposta Marisa Mori, un’artista futurista, pittrice che lavorò tra Torino e Firenze, con una formazione più tradizionale, allieva di Felice Casorati. Il suo percorso è interessante in quanto mediò tra l’essere artista e moglie, ebbe un figlio, lasciò il marito, ha certamente anticipato di decenni quello che è un tema ancora in parte attuale.

L’opera dedicata alla maternità nasce da questa condizione?

La maternità è un tema che sembra essere entrato in contrasto con la sua attività di pittrice. Marisa Mori tematizzò la maternità nei suoi quadri,  in mostra è esposta una maternità molto violenta, che lei rappresenta in maniera straordinaria.

La mostra nasce da una collaborazione tra La Sapienza e la Sovrintendenza Capitolina, un progetto che ha valore scientifico e finalità divulgativa?

È il primo atto di una convenzione siglata un anno fa con la Sovrintendenza Capitolina e il Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni Arti e Spettacolo della Sapienza, dove c’è un Museo Laboratorio di arte contemporanea che sarà protagonista di prossime iniziative condivise. È stato il primo progetto curato insieme, interessante perché esteso ai  nostri studenti che hanno collaborato alle ricerche per la mostra, agli apparati didattici. C’è stato con un travaso di competenze ed esperienze tra l’università come luogo di ricerca e una sede espositiva istituzionale che ha la forza di realizzare progetti che parlano al grande pubblico.

Giulia Tulino

Come e perché nasce una mostra dedicata alle artiste donne?

La mostra nasce da un’idea di Federica Pirani per un progetto di collaborazione tra La Sapienza e la Sovrintendenza Capitolina che ha coinvolto le curatrici ma anche i tirocinanti della Facoltà di Storia Dell’Arte. È stata scelta Villa Torlonia come sede espositiva perché è la sede dell’Archivio della Scuola Romana.

Quali artiste sono esposte?

Ci sono nomi importanti e noti ed altri assolutamente sconosciuti, sui quali è necessario lavorare per avvicinarli a una conoscenza più diffusa. La realizzazione del catalogo che accompagna la mostra, ha permesso di scrivere saggi bibliografici per offrire non solo testi generali, ma specificità su ogni artista, anche sulle figure più sconosciute.

La mostra cosa propone?

Il progetto espositivo ha alla base un’idea cronologica. L’esposizione si articola in sei sezioni, in ciascuna delle quali si ritrovano le opere delle stesse artiste, seguendo il percorso che dalla Secessione, il Simbolismo passano attraverso il Futurismo, per arrivare poi al Ritorno all’Ordine che al suo interno ha una serie di sfaccettature.

Quali?

C’è un parte dedicata all’eredità francese del colore del post impressionismo e del fauvismo, una parte importante dedicata a Valori plastici con il ritorno all’arte tre/quattrocentesca tipica  della rivista di Mario Broglio in cui De Chirico e Carrà teorizzarono l’idea di ripresa dopo le avanguardie, con il ritorno alle origini della tradizione italiana in chiave contemporanea.

Ci sono opere esposte per la prima volta?

La serie delle Tavole di Re David di Rouzena Zatkova, una artista che gravitava nel Futurismo, sono esposte per la prima volta. Marisa Mori è presente sia nell’aeropittura, con un’opera Aviatrice addormentata che preannuncia anche un’idea surrealista e con un’opera del 1928 in cui il quadro è doppio, c’è un’immagine con una scena di genere, una donna con una bambina che leggono e dietro una enorme marionetta inquietante che restituisce un’idea di realismo magico inconscio.

In quale misura Roma è protagonista della mostra dedicata alle artiste?

Le Secessioni, le mostre in controtendenza rispetto a quelle più tradizionali, nascono a Roma che ospita mostre di Cezanne, Klimt, Monet. Gli artisti hanno in Roma un contesto di riferimento dove nasce una sorta di avanguardia. Dopo il 1916, nasce un secondo Futurismo che fa capo a Balla e ha una sede romana. A Roma c’è poi la rivista di critica d’arte Valori plastici fondata da Mario Broglio.

Perché un focus sulle donne artiste?

Perché la Scuola Romana, un grande contenitore che dura quasi cinquant’anni, viene sempre rappresentata criticamente dagli uomini, Scipione, Mafai, De Chirico. Le donne su cui ci focalizziamo, erano spesso mogli o compagne di intellettuali e artisti che però stranamente sono rimaste nell’ombra. Benedetta Cappa, grande artista, era considerata solo come moglie di Marinetti ma lei stessa non voleva essere chiamata Benedetta Marinetti e si firmava solo con il nome.

La Scuola Romana è anche donna?

Certamente e la mostra lo testimonia. Visitandola capiamo che le opere sono fatte da donne solo perché c’è una poetica diversa, ma a livello stilistico ed estetico, sono tutti dei capolavori.

La mostra cosa offre al vasto pubblico?

La conoscenza con artiste di cui si sa poco o nulla. Il catalogo è uno strumento importante di supporto conoscitivo, pensato non solo in chiave scientifica, ma anche per il pubblico più ampio. La mostra offre la possibilità di godere di un crocevia al femminile che si sviluppa a Roma nella prima metà del Novecento e di comprendere tutte le influenze che vengono mutuate dall’Italia e dall’estero, con un intreccio di culture e di stili artistici.

Federica Pirani

Come si inquadra la mostra nella questione femminile, rapportata agli anni del Futurismo?

L’arte femminile è stata dimenticata, anche se in alcuni momenti è riemersa. Negli Anni ’70 il Futurismo ha avuto, grazie ad alcune studiose che sono state vere pioniere, una grande riscoperta delle artiste donne, molte delle quali sono però ancora da approfondire. Questa è una mostra necessaria perché fa conoscere 26 artiste, 100 opere e anche figure di grande pregio artistico ancora non note. In mostra abbiamo opere di Rouzena Zatkova, una grandissima artista che ancora non appare nei manuali di storia dell’arte.

Qual è la provenienza delle opere?

Molte opere provengono dalle collezioni della Sovrintendenza Capitolina, dalla Galleria d’Arte Moderna, dal Museo della Scuola Romana, dalla casa di Alberto Moravia ma ci sono prestiti importanti dalla Galleria Nazionale e dalla Fondazione Longhi, oltre che da privati ed eredi.

L’intento della mostra qual è?

L’obiettivo è portare all’attenzione del pubblico le artiste che non sono ancora conosciute o sono dimenticate. Mostre come quella allestita al Casino dei Principi, servono non solo al pubblico per far conoscere le donne artiste, ma anche ai giovani studiosi per invitarli ad appassionarsi e a ricostruire, riproporre, studiare le artiste del Novecento. Lavorando a questo progetto espositivo e ai saggi del catalogo che lo accompagna, abbiamo cercato di aggiungere tasselli di conoscenza, una data, la scoperta di un quadro, un piccolo contesto, un elemento biografico per alimentare e aiutare a crescere un tessuto che sostenga l’arte femminile.

La convenzione siglata tra Sovrintendenza Capitolina e La Sapienza risponde a questa esigenza?

La convenzione nasce dalla consapevolezza che è importante studiare l’arte a Roma nel XX e nel XXI secolo, con una particolare attenzione alla questione femminile.

Protagoniste sono le donne artiste ma anche Roma?

Roma è protagonista perché è stata un crocevia. Molte delle artiste esposte vengono da fuori, sono apolidi, con una identità che parte da un altrove, Romania, Ungheria, Lituania, Serbia, che ha permesso loro di avere uno sguardo diverso sulla realtà romana e su loro stesse.

Dopo decenni di oblio, 26 donne si riprendono il posto che spetta loro di diritto nella storia dell’arte?

Esattamente. Ricordiamole tutte: Evangelina Gemma Alciati, Teresa Berring, Wanda Cohen Biagini, Emma Buzzacchi Quilici, Benedetta Cappa, Ghitta Carell, Deiva De Angelis, Emilia De Divitiis, Maria Grandinetti Mancuso, Anna Jacoangeli Cuneo, Bice Lazzari, Pasquarosa Marcelli Bertoletti, Costanza Mennyey, Vittoria Morelli, Marisa Mori, Milena Pavlocic Barilli, Leonetta Pieraccioni Cecchi, Adriana Pincherle, Eva Quajotto, Antonietta Raphaesl, Virginia Tomescu Scrocco, Edita Walterowna Broglio, Maria Immacolata Zaffuto, Emilia Zampetti Nava, Ruzèna Zatkova.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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